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L'aborto chimico divide l'Italia

Un ginecologo dell'ospedale Sant'Anna di Torino con un flacone di pillole abortive usate per la sperimentazione

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Il giorno dopo il via libera da parte dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla commercializzazione della pillola abortiva Ru486 in Italia è già bagarre. A sinistra c'è un vago trionfalismo e inutili accuse d'ingerenza al Vaticano che non ha approvato la scelta. A destra, invece, perplessità. Il vero nodo, infatti, sono le modalità d'utilizzo previste per l'aborto chimico dal giorno del ricovero a espulsione del feto avvenuta. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha inviato una lettera all'Agenzia per chiedere indicazioni «circa i modi di utilizzo del farmaco» affinchè esso sia vincolato nella prassi al rispetto della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. «Come Ministero, in collaborazione con l'Aifa - afferma Sacconi - abbiamo il dovere di vigilare affinchè l'uso del farmaco non comporti il minimo rischio di indebolimento delle garanzie e dei presidi previsti dalla legge 194 a tutela della salute della donna, anche nell'ambito fondamentale della prevenzione» «L'Aifa ha messo dei paletti - ci dice, invece, il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella - l'aborto chimico deve avvenire nelle strutture pubbliche. Gli esperti ora devono fare una delibera tecnica per applicare la 194 a questo metodo. Il problema è sapere come fare prevenzione se poi l'aborto tende a essere privatizzato». C'è già stata una sperimentazione in Italia? «Sono pochissimi casi, circa 2000, in Emilia Romagna e tutti sotto forma di day hospital. L'iter dell'aborto chimico è complesso. Prevede l'assunzione di due farmaci in frequenza che provocano l'espulsione di una parte del feto - prosegue Roccella - poi vengono somministrate le prostaglandine che danno contrazioni e favoriscono in enro una settimana, l'aborto vero e proprio. La donna a casa, deve controllare il flusso del sangue e la temperatura nonchè l'avvenuta espulsione. Emorragia e infezione sono i rischi maggiori. Spesso è necessario fare un raschiamento finale per evitare complicanze». Da noi un protocollo ancora non c'è, dunque? «No ma è significativo il fatto che gli aborti sono in diminuizione. Un dato controcorrente rispetto al resto d'Europa». Cosa pensa delle accuse d'ingerenza al Vaticano che sì è scagliato contro la decisione dell'Aifa? «Ogni volta che la Chiesa interviene si parla d'ingerenza. Il Vaticano è una libera voce e ha il diritto d'esporre le proprie posizioni. La politica decide in autonomia».

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