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Napolitano bacchetta Di Pietro

Giorgio Napolitano

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È piuttosto strano che un Presidente della Repubblica debba difendere pubblicamente le proprie scelte. Soprattutto quando sono conformi al dettato costituzionale. Ma in Italia succede anche questo. Così Giorgio Napolitano, dopo essere stato criticato da Antonio Di Pietro per aver firmato il decreto sicurezza (il Capo dello Stato ha comunque mosso dei rilievi in una letter rivolta al ministro della Giustizia e al premier), è passato al contrattacco. E approfittando dell'annuale cerimonia per la consegna del Ventaglio della stampa parlamentare ha risposto, senza mai citarlo, all'ex pm. «Sulla sicurezza - ha spiegato il presidente della Repubblica - c'è stata una promulgazione a tutti gli effetti, accompagnata con una lettera in cui c'erano delle valutazioni critiche. A chi ha criticato questa modalità consiglio di andare a rileggere il libro "Lo scrittoio del Presidente", scritto da Luigi Einaudi, in cui lui stesso si rivolgeva al ministro del Tesoro di quell'epoca. È stata una strada dunque imboccata molte volte in passato». Quindi l'affondo: «Chi invoca polemicamente e di continuo poteri e perfino doveri di intervento che non ho, mostra di aver compreso poco della Costituzione e della forma di governo, non presidenziale, che essa ha fondato». «Presto attenzione a tutte le osservazioni e le riserve - ha aggiunto - anche a quelle espresse in modo più sommario e perfino aggressivo. Da tutte trarrò beneficio per l'ulteriore svolgimento del mio mandato che consiste nel rispettare la Costituzione, nel contribuire a farla vivere, nel richiamare i suoi valori, i suoi principi e le sue regole. A qualche fiero guerriero sembra che io lo faccia con la piuma d'oca sempre meglio, si potrebbe dire, che un vano rotear di scimitarra». Ma Napolitiano ha difeso anche l'appello lanciato alla vigilia del G8: «Ho parlato di tregua una sola volta, in occasione del G8 trattandosi di un evento internazionale. Sono convinto di aver fatto il mio dovere». Capitolo chiuso? Neanche per sogno. Mentre Pdl e Pd applaudono il Capo dello Stato per le sue parole ragionevoli e equilibrate, Di Pietro rincara la dose. «"Excusatio non petita" - attacca -, mi verrebbe da dire alle osservazioni del presidente Napolitano per giustificare la lettera di rimbrotto invece che rinviare alle Camere un provvedimento come prevede la Costituzione. Abbiamo avuto il massimo rispetto chiedendo che ci sia il rinvio alle Camere e non un semplice rimbrotto. La Costituzione prevede che quando un provvedimento viola l'ordinamento venga rinviato alle Camere. Approvarla con una lettera di rimprovero è come mettere il proprio sigillo sopra. Ecco perché speriamo che ciò non avvenga per il decreto intercettazioni. Rispetto istituzionale non significa chiedere a una forza politica di opposizione di non esercitare il suo ruolo parlamentare per far felice il presidente della Repubblica». Evidentemente non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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