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Bersani scende in campo E conquista mezzo Pd

Pier Luigi Bersani

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A guardare il teatro Ambra Jovinelli gremito di persone mentre fuori, sotto la pioggia, altrettante non riescono ad entrare, la prima cosa che viene in mente è lo slogan di una famosa pubblicità: ti piace vincere facile? Certo, Pier Luigi Bersani non ha ancora vinto. La corsa per la leadership del Pd è ancora lunga e, soprattutto, non basta riempire un piccolo teatro romano per garantirsi la maggioranza assoluta nelle primarie del 25 ottobre. E poi l'ex ministro dello Sviluppo Economico sta solo ufficializzando la sua candidatura presentando la linea su cui intende chiedere la fiducia di iscritti e non. Un passaggio che Dario Franceschini non ha ancora compiuto. Difficile quindi fare parallelismi. Ma visto che, come sostiene qualcuno, i voti si pesano e non si contano, è fuori di dubbio che la platea raccolta all'Ambra Jovinelli per celebrare il «Bersani day» è di quelle pesanti. Molto pesanti. L'appuntamento è per le 16.30, ma già alle 16 i posti a sedere sono merce rara. Qua e là spuntano volti noti. C'è l'ex presidente della Rai, oggi deputato Pd, Roberto Zaccaria che va in giro a salutare tutti neanche fosse il padrone di casa. Ci sono i prodiani doc Ricardo Levi (ex portavoce del Professore) e Giulio Santagata che commenta soddisfatto: «Bersani raccoglie il testimone di Prodi». Ci sono la lettiana Alessia Mosca e l'ex Ppi Nicodemo Oliverio (considerato il braccio destro di Franco Marini) che, nonostante il presidente abbia ufficializzato l'appoggio a Franceschini, spiega: «Sono qui perché voglio un partito radicato e presente sul territorio». E poi i dalemiani Barbara Pollastrini, Nicola Latorre e Gianni Cuperlo (che lascia la platea per accomodarsi al secondo piano). Diessini storici come Vincenzo Visco e Alfredo Reichlin. E amministratori locali di peso come il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani e quello dell'Umbria Maria Rita Lorenzetti. Mercedes Bresso, presidente del Piemonte, non è presente ma ha già fatto sapere con una nota che sta con Pier Luigi. Filippo Penati, appena sconfitto nella corsa alla provincia di Milano, sarà il coordinatore della mozione e arriva poco prima che Bersani salga sul palco. Già seduto a metà sala c'è Maurizio Martina, segretario regionale della Lombardia considerato per molto tempo un veltroniano di ferro e una delle giovani promesse del Pd. Così come Matteo Colaninno, un'altra delle novità lanciate da Veltroni che ha scelto di schierarsi con Pier Luigi. Insomma l'impressione è che l'ex ministro abbia già conquistato gran parte del partito. E anche se lui ci tiene a sottolineare di essere il «candidato di nessuno che pensa che ci sia bisogno di tutti», la prima fila dell'Ambra Jovinelli è la fotografia del partito che intende costruire. Seduti, nell'ordine, Massimo D'Alema, Enrico Letta e Rosy Bindi. Cioè colui che ha sempre tenuto in mano la maggioranza dei Ds e due che, alle primarie del 14 ottobre 2007, ottennero insieme il 30% dei consensi. Non basta per vincere, ma di sicuro aiuta. Come di sicuro aiuta il discorso che Bersani pronuncia davanti alla platea dell'Ambra Jovinelli. Parole che in molti volevano sentire da tempo. «Ho in mente un partito in cui c'è rispetto per la generazione precedente» esordisce. Per poi spiegare che «in questi 20 mesi abbiamo suscitato molte speranze spesso rimaste deluse». Il problema, spiega l'ex ministro, non «è il presunto tradimento dell'ispirazione originaria, ma l'aver costruito il progetto su basi culturali, politiche e organizzative non solide». Bocciato, quindi, il non-partito di Veltroni e via ad un Pd «radicato», in cui i rimborsi elettorali vengano destinati ai circoli, in cui le Feste avranno un ruolo importante («sono una parte costitutiva»), in cui i soldi non possono essere spesi tutti per la comunicazione. Un Pd in cui le primarie servono, ma non per eleggere il segretario e in cui serve «distinzione» tra il ruolo di segretario e quello di candidato premier. Ma anche un partito fondato sui contenuti che si occupi della crisi, che sia veramente laico, che parli di sicurezza, che rilanci la dignità della condizione femminile, che dica le stesse cose al Nord e al Sud, che sia in grado di riorganizzare il campo dell'alternativa alla destra perché «da soli non si può fare nulla». Sbaglia chi cerca di gettare una «patina di grigio» addosso alla sua candidatura. «Io - spiega - ovunque sono stato non ho mai lasciato le cose come le ho trovate. Questo Paese può essere più umano e più giusto. Chi ci crede è giovane, vecchio è chi non ci crede più». In sala parte la musica. Vasco Rossi, il cantante preferito di Bersani, gli ha regalato la sua «Un senso». L'ex ministro canta sul palco. C'è di che essere felici.

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