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Viareggio, è stato un inferno di fuoco

Due pupazzetti di peluche trovati in un'abitazione crollata nei pressi della stazione ferroviaria di Viareggio

"L'asse del carro era arrugginito"

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L'inferno arriva a mezzanotte. Viaggia su un treno merci e proviene da Novara. Il convoglio di nove cisterne carico di gpl sta passando dalla stazione di Viareggio, quando uno dei carrelli, il primo o il secondo, cede. Il convoglio deraglia tra le scintille, l'assassino liquido scivola via dall'enorme bombola su rotaie, si diffonde nell'area intorno allo scalo e prende fuoco. È una strage: 18 morti, 3 dispersi, 27 feriti, con ustioni sulla maggior parte del corpo.  Tra le vittime, anche due bambini. Due palazzine crollano, altre si incendiano. La gente si precipita per strada terrorizzata. La scena che si presenta agli occhi dei primi soccorritori è apocalittica: ci sono uomini, donne e bimbi con gli abiti accartocciati sui corpi, la pelle che si stacca dalle braccia e dalle gambe, un ragazzo su un scooter arde «come una torcia umana», racconterà un testimone. Le auto esplodono come bombe, alcuni «barboni» che dormivano nel giardino adiacente la stazione bruciano come bonzi, qualcuno scava a mani nude tra le macerie alla ricerca dispertata di parenti intrappolati fra le travi e i calcinacci. «Ho sentito l'avvolgibile che sbatteva e ho pensato al vento - racconta Carlo, che abita a 150 metri dallo scalo ferroviario e da via Ponchielli, la strada quasi di fronte ai binari - Poi continuava a sbattere, due, tre, quattro volte. Ho pensato al terremoto ma ho guardato il lampadario ed era fermo. Allora mi sono affacciato sul terrazzo e ho visto gente che correva, altri erano distesi sull'erba, i vestiti e la pelle bruciati, più morti che vivi. Urlavano come pazzi dal dolore. Gli abbiamo buttato addosso delle coperte, gli abbiamo dato dell'acqua. Ormai, però, era troppo tardi...». Il terremoto, un attentato, nessuno ha pensato alla stazione, al merci 50325 Trecate-Gricignano che veniva dal Nord con il suo carico di morte. Non era mai accaduta una cosa simile. E la mente è andata subito all'Abruzzo, oppure il sospetto dei primi attimi si è concentrato su un'esplosione dolosa, la mano del terrorismo internazionale. Ma non avrebbe avuto senso. E, infatti, non era così. «I vetri tremavano e ho creduto si trattasse di una tromba d'aria - riferisce Anna - Poi è andato improvvisamente in frantumi il vetro della porta-finestra interna alla casa e ho capito che doveva essere qualcosa di peggio, qualcosa di terribile». Anna è fuggita. Si è ritrovata in strada, sulla «vecchia» Aurelia, e i suoi occhi hanno raccolto la loro dose d'orrore: «Tutti gridavano e scappavano, molti avevano i vestiti incendiati: In terra c'era un uomo mezzo carbonizzato che non si muoveva più. E a un bimbino veniva via la pelle come fosse la buccia di una patata bollita. Le auto saltavano in aria e noi non capivamo ancora bene che cosa fosse successo. Sembrava un bombardamento, ma non capivamo e l'angoscia era proprio quella: non capire». Maria, anche lei residente a due passi dalla stazione, parla del «fuoco che veniva dal cielo». «Invece di salire, scendeva - spiega - c'erano corpi per terra e un fumo nero che ammorbava l'aria. Ma quelli della protezione civile sono intervenuti subito - aggiunge - Sono stati bravissimi e voglio ringraziarli». Un'altra donna che vive in via Aurelia e ha soccorso un paio di feriti non vuole dire il suo nome. «C'erano fiamme altissime, alte trenta-quaranta metri su un fronte di centocinquanta circa e il cielo era rosso come al tramonto. Poco dopo sono arrivati i primi ustionati, gli abbiamo dato da bere, delle sedie. Alcuni, però, erano troppo gravi. La loro pelle sembrava quella delle galline strinate, bruciate insomma. E' arrivato un ragazzo tutto ustionato che m'ha detto "mi butti addosso dell'acqua, la prego, mi butti addosso dell'acqua". Io non volevo, ma poi gliel'ho buttata. Alla fine sono arrivate le ambulanze, ma non quelle della croce verde qui vicino, perché erano andate a fuoco, e li hanno portati via. Poco dopo ci hanno detto di lasciare le nostre case, che era pericoloso». Più tardi, la cronaca verrà arricchita da altre testimonianze, come quella di un uomo che si è lanciato dalla tettoia della casa in fiamme con in braccio il figlioletto di 8 anni. Il piccolo è rimasto ferito leggeremente alla testa. Il padre è stato operato d'urgenza all'ospedale della Versilia per un trauma toracico. Tra gli ustionati gravi c'è anche un disabile colpito da Sclerosi laterale amiotrofica e rimasto intrappolato nella sedia a rotelle circondato dalle fiamme. Lo hanno salvato i vigili del fuoco, anche se forse non ce la farà. In serata, saranno i macchinisti che conducevano il treno a riferire la loro storia. Stavano passando dalla stazione di Viareggio a novanta chilometri all'ora quando hanno sentito un rumore e hanno visto che uno dei carrelli era «fuori sagoma». Hanno azionato il freno d'emergenza, hanno fatto in tempo ad allontanarsi. «Cammminavamo in mezzo al gas», hanno detto. Quindi sono riusciti a ripararsi dietro a un muretto. E, tutto intorno a loro, si sono alzate le fiamme: «Un inferno».

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