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"A rischio la fiducia nella politica"

Gianfranco Fini

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Dal futuro del parlamentarismo in Italia e in Germania a Patrizia D'Addario il passo non è certo breve.E infatti, quando a Gianfranco Fini viene chiesto di dire la sua sulle inchieste baresi, la risposta immediata è: «È una domanda che non c'entra assolutamente niente con quello di cui abbiamo discusso». Poi, però, aggiunge: «Ma non ho difficoltà a rispondere». Così, dopo aver dissertato di alta politica, il presidente della Camera si trova a dover dire la sua sul «terremoto» che, da Bari, potrebbe far crollare Palazzo Chigi. E non sono parole dolci. «Non credo - spiega - ci sia un rischio di instabilità per il governo, invece c'è un rischio di minore fiducia verso la politica e le istituzioni, cioè il fondamento della democrazia». In realtà Fini, che ha alla sua sinistra il presidente del Bundestag Norbert Lammert, non cita direttamente le inchieste di Bari sulle ragazze squillo, né parla del coinvolgimento di Silvio Berlusconi. Eppure nelle sue parole non sembra esserci il minimo accenno a una difesa del premier. E a chi gli chiede cosa si possa fare per uscire dalla situazione ed evitare il rischio di una perdita di fiducia dei cittadini verso la politica, risponde sottolineando la necessità di riforme condivise: «Se si parte dal presupposto che le istituzioni sono di tutti, sarebbe opportuno evitare la via delle modifiche a maggioranza e seguire invece la via delle riforme condivise. Bisogna evitare, insomma, che ognuno si faccia la propria riforma». Anche nel suo intervento al convegno, Fini non risparmia stoccate indirette a Berlusconi, respingendo l'idea, espressa più volte dal Cavaliere, di un Parlamento inefficiente che ostacola la rapidità delle decisioni. «Una democrazia impotente e inefficace - sottolinea - alla lunga genera disillusione, scontento, finisce per alimentare progetti bonapartisti o cesaristi di delegittimazione del Parlamento inteso come luogo che rallenta le decisioni». Il presidente della Camera indica anche una via per contrastare «le pulsioni antiparlamentari»: far diventare il Parlamento «la casa di tutti» e favorire la partecipazione. Le Camere, lungi dallo sparire, devono rafforzare i propri compiti di controllo meticoloso sulle decisioni del governo e di indirizzo delle scelte necessarie al Paese. Ma soprattutto, sottolinea, il Parlamento deve essere il luogo di «reciproco accreditamento» delle forze politiche, in cui prevale «lo sforzo del dialogo e del confronto civile fra le diverse istanze, anche confliggenti». In questo senso, le Camere possono avere «una funzione pedagogica di educazione della società al senso civico e al patriottismo costituzionale». Ciliegina sulla torta, l'appello ad andare a votare al referendum, anch'esso in contrasto con Berlusconi (che voterà sì ma, dopo i risultati delle europee, ha rafforzato l'asse con Umberto Bossi e ha accantonato la battaglia referendaria). «Credo che sia opportuno - incalza - utilizzare tutti gli strumenti che la Costituzione mette a disposizione dei cittadini. Non bisogna dunque perdere l'occasione di andare a votare al referendum, indipendentemente dal fatto se il voto sarà un sì o un no. È un modo per far sentire la propria voce ai palazzi della politica. Rinunciare a farlo significa rinunciare a una importante modalità per riavvicinare cittadini e politica».

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