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Comunisti in lotta, ma tra di loro con liti e denunce

Diliberto e Ferrero

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(...) a Diliberto contro Cossutta; da Eugenio Reale contro Palmiro Togliatti agli assalti di Bordiga e le respinte del Migliore, all'anatema contro quelli del Manifesto. Ora che sono rimasti quattro gatti e fanno fatica a sopravvivere, a menarsi non hanno perso l'abitudine. Certo, non si discute più di carri armati a Budapest o della primavera di Praga. No, oggi non si vola molto alto. Si parla di fatture, firme, scazzi di basso cabotaggio. Ma questo passa il convento, è il caso di dirlo. La verità è che il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, più che prendere in mano un partito ne ha ereditato delle macerie. Che disperatamente sta cercando di mettere in piedi, fronteggiando missili che gli arrivano ovunque in piena campagna elettorale. E tutti dal fronte interno. Da ex lavoratori di Rifondazione e affini. Che gli producono guerre da sinistra al punto da metterlo seriamente in difficoltà. A gran fatica era riuscito a fare l'alleanza con Oliviero Diliberto e il suo Pdci mentre perdura la guerra con il suo ex rivale, Niki Vendola che ha scelto la strada di Sinistra e Libertà con socialisti e Verdi. Il risultato è che entrambe le formazioni sono in corsa per arrivare allo sbarramento del 4% che farebbe scattare tre eurodeputati. L'ultima battaglia si chiama, manco a dirlo, Zona Rossa. È il nome di una cooperativa di attacchini che ha lavorato per Rifondazione nella campagna elettorale del 2008. Lavoratori che non sono stati pagati. Almeno così dichiarano. E si sono organizzati con volantinaggi per Roma e un sito internet. Quando la questione è stata posta a Ferrero nel corso di una tribuna politica in Rai, il segretario ha spiegato che i debiti erano stati contratti dalla Sinistra Arcobaleno, formazione con la quale il Prc s'era presentato alle votazioni dell'anno scorso. E comunque s'è dichiarato pronto a saldare tutto non appena la cooperativa presenterà regolare fattura. E gli attacchini hanno ripreso a protestare. «Le fatture ve le abbiamo già date», dicono. E avvertono che il segretario della federazione romana comunista ha proposto un accordo: 30% subito, un comunicato stampa di chiarimento e buonanotte. Quelli non l'hanno presa bene: «Già che c'erano potevano chiederci anche di dare una pulitina ai cessi». Il punto è che a Rifondazione non sono poi tanto convinti che in quelle fatture sia tutto regolare. Insomma, sospettano che siano state già saldate dal precedente leader romano rifondarolo, Smeriglio, il quale è poi confluito in Sinistra e Libertà. Alla formazione cugina, tutto sommato, guardano con un sorriso sulle labbra la querelle. Perché per un partito che si definisce comunista sentirsi addosso l'accusa di non pagare i lavoratori è quanto di peggio possa accadere. Per giunta in piena campagna elettorale, nel momento più delicato. Ma proprio per questo gli uomini di Ferrero ragionano e riflettono e di fatto moltiplicano i loro sospetti. E allora che fare? Logica vorrebbe che si prendesse tutto l'incartamento e si andasse dai carabinieri o dalla polizia. Se son sospetti, meglio denunciare. Ma quale impatto avrebbe sugli elettori un partito comunista che denuncia i lavoratori? O mamma santa, che figura. Ferrero avrà fatto questi ragionamenti e forse per questo se ne sta con le mani legate. A prendersi palate di fango di attacchini che si definiscono di rifondazione ma che in realtà sarebbero legati al partito concorrente. Quelli lo capiscono da soli e alzano il tono dello scontro. D'altro quando provare a farsi dare quanto spetta o quanto si reclama se non in campagna elettorale, ovvero quando tutto si dilata e si amplifica. Anche Veronica l'ha capito. Altro questione aperta. Rifondazione potrebbe essere vicina alla soglia ma a dare fastidio ci pensa il partitino di Marco Ferrando, che pure si chiama comunista, e che potrebbe toglier quello zero virgola qualcosa decisivo. Anche se ha presentato le liste irregolarmente visto che ad autenticare le firme c'ha pensato Giulietto Chiesa, eletto con Italia dei Valori mentre sarebbe dovuto essere un parlamentare europeo eletto in precedenza con lo stesso simbolo. E qui che fa Ferrero? Ricorso al Tar. E a chi lo dice che lui, leader dei neocomunisti, che prova a impedire che altri comunisti di partecipare alle elezioni? Ed è lite continua.

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