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Franceschini dal boomerang all'autogol

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Difatti ama talmente i poveri che vorrebbe accrescerne il numero a dismisura. Sotto tutte le latitudini i compagnucci - magari della parrocchietta - non ne hanno indovinata una, che è una. Come i reazionari dell'Ottocento, i loro capi, capetti e caperonzoli nulla hanno imparato, nulla hanno dimenticato. E hanno trasmesso alla base parole d'ordine senza capo né coda. Messe alla berlina da quel galantuomo di Giovannino uareschi. Ricordate? Ora e sempre "Contrordine, compagni". Con gli occhi alla miserevole campagna elettorale in corso, sono arrivato alla fulminante conclusione che se il Pd non avesse nessuno dei dirigenti che si ritrova sul gobbo e fosse completamente afono, prenderebbe meno legnate e forse qualche voterello in più. Ma ecco lo strano caso di Dario Franceschini, immolatosi alla guida del suo partito. Tutto si può dire di lui tranne che abbia preso sotto gamba la carica piovutagli addosso. Non se ne sta a scaldare la sedia, il vicedisastro. No, suda sette camicie per comunicare ciò che gli ronza in testa. Esagera, certo, perché sente sul collo il fiato di Antonio Di Pietro. Non un uomo, ma un caso clinico. Perché non si è mai visto un tipo di estrema destra che incanta gente di estrema sinistra. Ma, tutto sommato, il buon Franceschini ce la mette tutta per comparire. Il guaio è che ogni volta il destino cinico e baro gli gioca brutti scherzi. Di notte rimugina a come mettere con le spalle al muro Silvio Berlusconi. Di buon mattino confeziona le sue fosforescenti trappole. Ma, inesperto qual è, finisce regolarmente per caderci dentro solo lui. Non trappole ma occasioni d'oro servite su un piatto d'argento al Cavaliere. La verità è che l'intera sinistra ha perso ogni contatto con la gente comune. Ama le terrazze altolocate. È tutta pappa e ciccia con i poteri forti. Ha la puzza sotto il naso e orrore del sudore di chi lavora e fatica. Non a caso Leo Longanesi diceva: non sono di sinistra perché non ho i mezzi. E, manco a dirlo, parla una improbabile neolingua che nessuno capisce. Un ridicolo angloamericano all'Alberto Sordi per tenere le distanze dal popolo sovrano. Ogni giorno, si sa, ha la sua croce. E ieri per il Pd e compagnia cantante è stata una domenica nera. Si sono confrontati e scontrati ancora una volta due stili di fare politica agli antipodi. Da una parte partiti di sinistra e stampa fiancheggiatrice convinti che a furia di pettegolezzi il Cavaliere sarebbe stato disarcionato. Secondo la logica del calunniate, calunniate, qualche cosa resterà. Al momento della verità, il fango è ricaduto su chi lo aveva scagliato con tanta leggerezza. Se Berlusconi è un single, come ha detto papale papale Briatore, allora può concedersi qualche svago. Come tanti altri. Se sua moglie ha un'affettuosa amicizia, come rivela la Santanché, non ha titolo per rimproverare il consorte. Ancora. L'ex fidanzato di Noemi dice al Corriere di essere stato usato. E una concorrente del Grande Fratello confessa che due giornalisti dell'Espresso erano pronti a pagarla per incastrare Berlusconi. Un castello di carta, il teorema accusatorio, raso al suolo nel giro di poche ore. Un terremoto. Con scorno della solita sinistra che va per suonarle e resta regolarmente suonata. Dall'altra parte, invece, nessun odio per alcuno. Solo politica. E la politica, almeno quella con la P maiuscola, parla con fatti concludenti. Quegli atti di buon governo che ieri in una conferenza stampa il presidente del Consiglio ha avuto buon gioco a squadernare. Già, perché in un Paese normale gli uomini politici si giudicano dalla cintola in su.

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