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Palmiro, ecco l'outsider che spaventa i capi del Pd

Palmiro Ucchielli

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Facendo saltare di fatto i giochi romani interni al partito di Franceschini. Eppure in queste ore, anche a Sant'Andrea delle Fratte, sede nazionale del partito, in tanti si chiedono esattamente chi sia Ucchielli. Perché non molti sanno di lui. E anche questo è il termometro di una formazione politica che sembra sempre più staccata dalla sua base. Ucchielli sarebbe stato fino a qualche anno fa il classico candidato di sinistra, oggi è diventato uno in controtendenza. Operaio in una azienda di frigoriferi fa carriera nel Pci. «Ho fatto la gavetta classica», dice con un accento quasi romagnolo. Ascoltare lui sembra di stare a sentire il comico Paolo Cevoli. Oppure Valentino Rossi, suo amico personale: «Ho vissuto dieci anni a Tavullia, il paese di Vale. Sono molto legato al papà e alla mamma. Ma non dico altro. Se vorrà dire qualcosa ci penserà lui». Chi invece si è esposto è Tonino Guerra, sceneggiatore di Fellini, che vive a Pennabilli. Ucchielli, pizzetto alla Lenin, ha scelto di fare la campagna elettorale vecchio stile. Ha evitato la sua provincia, Pesaro: «Lì mi conoscono». E s'è concentrato altrove. Ha cominciato a parlare con gli operai, poi gli agricoltori, quindi i sindacati. Di qui le associazioni di categoria, i cacciatori, gli studenti. Visto da Roma sembra un altro mondo. Palmiro è rimasto uguale. Uguale a quando cominciò a fare un l'assessore in un piccolo comune. Poi il sindaco, il presidente della Provincia con qualche breve esperienza alla Camera e al Senato. Ora prova il salto in Europa. Guarda il suo capolista David Sassoli con il binocolo: «Siamo diversi, non vado in tv. Io vengo dal territorio, dalle strade. Per me l'importante è esserci. Essere presente tra gli elettori. Al secondo mandato alla Provincia ho avuto 10mila voti più dei partiti, significa che il 5% del centrodestra ha votato per me. E sa perché? Perché ci sono. E infatti, se andrò in Europa, ci sarò. Non andrò via. Non lascerò il mandato a metà strada». Per la sua campagna elettorale ha evitato elegantemente la Capitale. Non è per snobismo: «Ci sono già troppi candidati romani, vado altrove». L'altro giorno era a Colleferro, anche il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, è andato a dargli una mano. «Faccio i piccoli centri, le colline toscane e i paesi marchigiani, parlo con la gente. Le Marche hanno da esprimere 300mila voti, io sono l'unico candidato», insiste. Più che cercare accordi con gli altri candidati alle Europee, ha stretto con gli altri candidati alle provinciali. Per tutta la campagna elettorale non ha mai pronunciato la parola Noemi, non ne ha mai parlato: «Scherza? Mi vuol far perdere voti», dice ridendo. Si fa serio e aggiunge: «Ma lo sente di che cosa parla la gente? Di crisi, di quanto sia difficile andare avanti. Le imprese non ce la fanno, è un momento bruttissimo. E di questo dovremo occuparci al Parlamento Europeo».

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