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Salviamo il soldato Dario

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Ha scimmiottato Berlusconi mettendosi un cappellino da capotreno in testa. Poi, ha paragonato l'Italia berlusconiana al Turkmenistan, suscitando sconcerto anche tra i suoi sodali che non hanno la più pallida idea di dove sia e cosa sia quel paese. Mercoledì, infine, ha accusato il governo di volere reintrodurre "le leggi razziali". E qui ha passato il segno. Non si può prendere il preludio alla Shoà a pretesto per la polemica politica. Lo impedisce il rispetto alla memoria, il buon senso, un minimo di pietas. È uno straparlare che segnala totale smarrimento politico. Franceschini, si "butta a sinistra", presume - sbagliando - di poter considerare suo patrimonio garantito il voto dei moderati e schiaccia il pedale dell'antiberlusconismo alla Beppe Grillo per motivare il voto di sinistra a non rifugiarsi più nell'astensione. Errore marchiano. Ovunque, le elezioni si vincono al centro, non sfondando a sinistra. L'esperienza dei due governi Prodi, l'effimera vittoria di coalizioni giocate sul raccordo con la sinistra radicale, trasformatasi subito in disastro, lo testimonia. Straparlando, Franceschini oggi delude i moderati e - se mai eccita l'astensione di sinistra a votare - li porta a scegliere l'originale, non l'imitazione: Di Pietro, non certo l'improbabile "soldato Dario".

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