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Le lacrime del premier ne fanno un leader nuovo

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Avrebbepotuto attendere, come hanno fatto i suoi predecessori, ma come non fece Pertini. Invece Berlusconi è andato in Abruzzo sin dal primo momento e ha preso il centro della scena. Questa volta quasi nessuno ha gridato al protagonismo, all'eccesso di esposizione mediatica. Forse è merito di un sussulto di serietà dell'informazione, forse è merito di un atteggiamento inusuale da parte del premier. L'Italia, non solo le zone terremotate, aveva bisogno di vedere lo Stato fare la sua parte affrontando i rischi e le responsabilità. Il bilancio è pazzesco. Un'intera città è stata spazzata via, decine di paesi sono da ricostruire. La presenza del premier è stata decisiva per dare incoraggiamento ai superstiti, orfani di futuro, e ai soccorritori che, come sempre in questa Italia generosa e disprezzata, sanno farsi trovare al proprio posto nel momento del bisogno. In questi giorni siamo stati un vero Paese europeo. Un Paese che sa mettere in secondo piano le divisioni e che non guarda più al colore della maglietta di chi governa. Un Paese che ha chiesto solo di essere guidato. Berlusconi è riuscito a fondere insieme oggi e domani. Immediato il coordinamento ad alto livello dei soccorsi, immediato il progetto per il futuro. Piacerà o meno, ma l'idea di una New Town è affascinante. Anche la prospettiva di affidare i cantieri ai gemellaggi con le Province italiane e addirittura con alcuni paesi stranieri rappresenta una idea forte. L'imprenditore Berlusconi ha tratto dalla sua esperienza il bagaglio di risorse utili al momento eccezionale. Credo che sia piaciuto a tanti, anche suoi avversari, il fatto che per la prima volta un premier «ci mette la faccia», non rimanda a responsabilità altrui ma stabilisce date che coincidono con la conclusione temporale della propria esperienza di governo. Tutti potremo giudicare. Forse il terremoto si è portato via il clima di demonizzazione dell'avversario. Forse si stempera la rissa nella politica. Forse inizia una nuova stagione. Ce lo meritiamo. Peppino Caldarola

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