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«Questo Pd somiglia sempre di più ai Ds»

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FrancescoBoccia l'aveva detto senza usare giri di parole venerdì: «La scelta di Franceschini di partecipare al corteo della Cgil è un errore». E ora che è finita e i manifestanti scorrazzano allegri per le vie della Capitale non ha certo cambiato idea. Anzi, il deputato del Pd braccio destro di Enrico Letta, rincara la dose. Onorevole, il suo partito cambia faccia. «Non mi sembra. Il Pd resta lo stesso degli ultimi 40-50 giorni. La manifestazione di oggi non lo cambia. L'anima del partito si modificherà al congresso». Ammetterà, però, che quello di oggi non è il Pd del Lingotto. «Dal Lingotto uscì un partito riformista. Autonomo da tutte le organizzazioni imprenditoriali e sindacali. Senza timidezze sulla collocazione europea. Perché non c'è alcun dubbio che una forza riformista, e lo dico da cattolico, debba stare nel Pse». E che c'entra quel partito con il Circo Massimo? «Credo che il segretario abbia fatto una scelta in un momento pre-elettorale e che si renda conto di dove conduce la sua decisione. Certo, se chi arriverà dopo di lui dovesse sostenere una linea di collateralismo sindacale, posso tranquillamente dirle che non sarà il mio segretario». Sta dicendo che il Pd di Franceschini non le piace? «In questo momento è maggioritaria la tesi di chi sostiene che paghi di più essere in piazza con la Cgil. Ciò che viene fuori è qualcosa che somiglia molto ai Ds ed è evidente che la classe dirigente del Pd risponderà dei risultati. Certo, dopo il voto, credo sia lecito chiedere un time out per ridefinire i prossimi orizzonti». Alle Europee il Circo Massimo sarà un aiuto o un ostacolo? «Dipende dagli obiettivi che ci poniamo. Se l'intenzione era quella di serrare le file e limitare i danni, il Circo Massimo è sicuramente servito. Se invece stiamo lavorando per costruire le fondamenta di un partito di massa in grado di parlare alla maggioranza del Paese, no». Crede che Franceschini si sia fatto influenzare dalla competizione con Bersani? «Franceschini ha detto che non si candiderà al congresso. Quindi penso che abbia fatto la sua scelta in buona fede ritenendola la migliore possibile. E in ogni caso, se l'ha fatta per crearsi un posizionamento politico, non è certo stato lungimirante visto che quel segmento è già coperto da Bersani». Intanto state faticando a trovare big da candidare alle Europee. Perché nessuno vuole metterci la faccia? «Non è una scelta semplice. Il Parlamento europeo non è un ammortizzatore sociale, chi ci va ci resta. Penso però che il gruppo dirigente stia sottovalutando l'esperienza fatta. Anche noi, ogni tanto ci facciamo prendere dalla berlusconite. I talenti ce li abbiamo in casa. Inutile cercarli altrove». Qualche esempio? «Parlo del Sud, che conosco bene. Stiamo facendo di tutto per trovare un capolista quando abbiamo Gianni Pittella che è bravo. Serve più coraggio. Forse se lasciassimo la liturgia dei posizionamenti dei gruppi e delle nomenclature in vista del congresso per aprirci alla gente come facemmo dopo il Lingotto, avremmo meno problemi». Cosa ne pensa della candidatura di Vendola? «Se pensa di fare campagna elettorale sulla pelle del Pd in Puglia, è chiaro che mette a rischio la tenuta della giunta. Vorrà dire che, dopo il voto, oltre ad occuparci del congresso successivo, ci occuperemo anche delle nuove elezioni».

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