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Berlusconi attacca Franceschini: "Sei un cattocomunista"

Silvio Berlusconi

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Stavolta no, cambia direzione e lo punta direttamente. Va sul personale. E mentre rirtira il premio che un giornale vicino al centrosinistra, il Riformista, gli ha assegnato quale politico dell'anno, il Cavaliere avverte. Proprio nel finale, tira fuori la zampata e avverte: «Un leader catto-comunista, imprevisto. Non è chiaro a quali principi voglia arrivare con questo catto-comunismo» (in serata arriverà anche la replica di Franceschini: «Cattocomunista? È una vecchia offesa che veniva utilizzata prima che io nascessi nei confronti dei cattolici progressisti. Tecnicamente lui è un clerico-fascista»). Il direttore del quotidiano arancione domanda: «Come imprevisto?». E Berlusconi replica secco: «Pensavo che ci fosse una preminenza della sinistra e invece hanno un leader catto-comunista che io non so ancora cosa sia. Auguro al Pd di mettere radici solide, come il centrodestra, mi auguro che diventino un partito socialdemocratico, perché quella è la strada per un'opposizione che si contrappone a un governo». Non è finita. Perché il premier torna anche sull'idea di tassare i redditi sopra i 120mila euro che pure aveva ricevuto l'approvazione di Bossi: «Non è con un'elemosina che si risolvono i problemi. È una ricetta sbagliata secondo la dottrina tradizionale dell'economia». Il direttore del quotidiano che lo intervista dal palco, gli ricorda come sia un uomo ricco, e Berlusconi replica spiegando che il punto non è su «chi può dare o meno. Anzi, chi può dare già compie opere sociali e donazioni che vanno oltre il 2%: io non faccio sapere nulla, ma la mia famiglia è molto attiva e fa molto, ad esempio, nella costruzione di ospedali e orfanotrofi». Il capo del governo, tuttavia, è sempre più insofferente nei confronti dei tempi della politica, delle lentezze di Camera e Senato e, tutto sommato, anche nei confrotni degli alleati. Per esempio, allo Spazio Etoile (dove si tiene la manifestazione), torna a spiegare che «viviamo la politica con un sistema ed una architettura che non sono più in linea con i tempi». Ricorda come «si veniva da un ventennio di dittatura ed ha vinto la logica non presidenziale, ma parlamentare. Ora, invece, i tempi sono tali per avere percorsi più brevi e decisioni più immediate». Ribadisce, come già aveva fatto in passato, che «il premier non ha poteri, se non la sua autorità e magari insieme a una forte maggioranza parlamentare. È un primus inter pares e può solo redigere l'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Questo lo fa bene Gianni Letta. Mi accusano di avere un atteggiamento dittatoriale, ma in effetti io non ho alcun potere. Chi sta lì non ha una stanza dei bottoni, perché tutto deve passare attraverso il presidente della Repubblica e le Camere». L'occasione è anche per parlare proprio di Gianni Letta, che raramente segue negli spostamenti il premier e invece stavolta ha voluto essere presente: «Gianni Letta già alle sette e mezza del mattino ha letto tutti i giornali ed un presidente che ha dietro di sè un mostro così ha un complesso di inferiorità assoluto. Con una persona così, senza bottoni da schiacciare, non credo che un premier si può identificare con un dittatore». Il sottosegretario, ai piedi del palco, sorride. L'atmosfera è cordiale, piuttosto informale. Non ci sono tavoli e il pubblico resta prevalentemente in piedi. Berlusconi prima si era soffermato più sulla crisi, sulle banche. E aveva rassicurato: «Solo una banca ha richiesto i fondi stanziati dal governo. Le nostre banche sono in una posizione assolutamente migliore».

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