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Droga, un mondo di narcostati

L'Afghanistan è al centro della produzione mondiale di oppio

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{{IMG_SX}} Il rosso trionfa su pianure e altipiani. Sfumature dal vermiglio al rosa: colori di splendidi fiori. Fiori del male qualcuno li definisce. Fiori del papavero da oppio in Eurasia e nel Triangolo d'oro. Infiorescenze della cannabis in Marocco e anche nella vicina Albania. Un trionfo di verde smeraldo sulle montagne andine del Sudamerica: sono le piante di coca che rigogliose aspettano solo di essere potate delle loro foglie. La primavera segna il risveglio della natura ed è il momento che i coltivatori delle piante stupefacenti fanno i conti con il proprio raccolto. I trafficanti invece pensano già a come aumenterà quest'anno il loro guadagno. La produzione della cocaina nei Paese sudamericani ha fatto registrare un forte aumento. In Afghanistan dove la leggera flessione della produzione di oppio non dipende dagli interventi della Nato ma dalla siccità. Nel Triangolo d'oro tra Birmania e Thailandia le coltivazione sono sempre rigogliose. Gli utili del traffico raggiunge cifre da bilanci da economie avanzate. Il commercio di oppio nel 2007 ha fatto registrare utili per talebani e signori dalla guerra pari a 100milioni di dollari. Il business dei cartelli della droga è forse ancora più alto: diverse centinaia di milioni di dollari con interessi che vanno dal Sud America agli Usa, in Africa e in Europa. Domani a Vienna si apre la Conferenza internazionale dove le Nazioni Unite metteranno a punto una nuova strategia nella lotta al narcotraffico. Infatti quella condotta sinora è stata un fallimento in ogni parte del globo. Un strategia che primo fra tutti vuole cambiare il nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Non a caso lo scorso anno prima delle elezioni di novembre una sfilza di senatori democratici, tra loro Barack Obama, Joe Biden e Hillary Clinton, firmarono una petizione al presidente Bush per «esprimere la profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione in Afghanistan: divenuto sotto lo sguardo di quest'Amministrazione un narcostato che produce il 93% dell'offerta mondiale di oppio ed eroina, mentre la corruzione legata al commercio di droga e il potere dei signori della guerra stanno ricreando le condizioni che resero possibile la presa del potere da parte dei talebani». E infatti i talebani stanno riconquistando terreno. E gli Stati Uniti stanno cambiando strategia. Del resto il narcotraffico può contare su appoggi persino del fratello del presidente Karzai, Hakim, risulta implicato nel traffico di oppio. Il business dell'oppio non è esclusiva dei talebani. L'Alleanza del Nord e le fazioni anti talebane sono anch'esse direttamente coinvolte nel traffico come spiegano i rapporti dell'Unodc, l'ufficio delle Onu per la droga e il crimine. Gli studenti del Corano sembra abbiano in mano solo il 20 per cento del traffico con un guadagno che rasenta i 40 milioni l'anno. Il resto è appannaggio di Signori della guerra, alcuni anche alleati del governo Karzai. L'economia canaglia quindi influenza alleanze ed equilibri a Kabul. Il narcotraffico di origine afgana si diffonde in tutti i territori di confine. Le repubbliche ex sovietiche della fascia centroasiatica, Uzbekistan, Kirghiztsan, Turkmenistan, sono ormai infiltrate dai proventi del traffico di droga che qui trova raffinerie e soprattutto centri di smistamento verso l'Occidente. Le deboli economie post sovietiche trovano nei narcodollari sostentamento per le oligarchie post comuniste. Così infatti il Kazakistan, ricco di petrolio e minerali preziosi resta in parte indenne anche se l'eroina si va diffondendo tra i giovani di Almaty. Non così per alcune nazioni caucasiche come l'Azerbajan dove trafficanti di ogni razza scambiano dividendi e intrecciano affari. Stesso schema per il Libano dove gran parte della popolazione della Valle della Bekaa sopravvive grazie alle coltivazioni di cannabis. Le ripetute campagne di eradicazione promosse dal governo per ottenere i fondi dell'Ue e dell'Onu si riducono a semplici sceneggiate per gli osservatori internazionali. I fondi poi vengono spartiti tra i politici locali e non arrivano alla popolazione civile. Così ogni anno i contadini seminano nuovamente cannabis. Una dura lotta è stata intrapresa dal regime degli ayatollah in Iran contro i trafficanti che dall'Afghanistan e dal Pakistan utilizzano il corridoio iraniano per raggiungere i mercati europei. Una battaglia senza esclusione di colpi alla quale il governo dei pasdaran sta impegnando molto risorse. Anche qui lo stimolo è la diffusione dell'uso di eroina tra i giovani con un aumento esponenziale anche di malati di Aids. Lo sfruttamento delle piante stupefacenti fa parte anche della strategia per reperire fondi da parte dei mujahedin somali che con lo smercio di khat, la pianta stimolante degli altipiani del Corno d'Africa, acquistano armi. Restando in Africa, la Nigeria è ormai divenuta un centro internazionale di snodo per il traffico di droga. Sia quella proveniente dall'Asia che quella del Sud America. La nuova rotta scelta dai trafficanti è stata favorita da frontiere permeabili e inesistenti. Corruzione diffusa, povertà infinita hanno fatto lievitare le azioni dei narcotrafficanti che ora stanno impiantando anche le raffinerie in mezzo alle foreste africane e poi via verso il Nord ricco e dipendente dalle sostanze. In cambio dollari ed euro che finanziano il mercato delle armi e corrompono governi. Veri e propri narcostati quelli della cintura andina. Bolivia, Colombia e Venezuela dipendono interamente dai dollari che arrivano ai cartelli della droga. Profitti che raggiungono cifre di biliardi di dollari. Soldi che non riescono a essere gestiti in un unico Stato così da anni assistiamo alla narcotizzazione del Messico. Seimila morti nell'ultimo anno: un bilancio di guerra. Una guerra che rischia di attraversare la frontiera e estendersi agli Stati Uniti. Phoenix in Arizona già vede il moltiplicarsi di omicidi. I trafficanti si riforniscono di armi ed è ormai diventata teatro di scontri tra gang. Solo nello scorso anno si è registrato un picco di rapimenti: 368 quasi tutti messicani in fuga dalla stato di Sinaloa. Il Messico come già la Colombia e la Bolivia sono sempre più controllati dalla rete criminale. Gli apparati politici manipolano le questioni legate ai narcotici per aumentare il controllo sociale e reprimere le opposizioni. Una parte consistente del traffico della coca colombiana è gestito dalle Farc l'organizzazione guerrigliera marxista lenista che con la vendita della cocaina finanzia la lotta al governo. Se in Colombia ormai da vent'anni la politica convive con i cartelli di Medellin, Cali, della Costa, di Ortega in Messico la penetrazione nel tessuto politico è in corso segnata dal sangue e dalle raffiche di mitra. Sette cartelli stanno scalando la conquista di Città del Mesico. Il più importante è quello guidato da Osiel Cardens Guillen, detenuto in un supercarcere americano da dove dirige i suoi affari e decide le esecuzioni in tutta libertà. Il Cartello del Golfo, questo il nome del gruppo di Guillen, è organizzato come un vero e proprio stato. Ha «ministri» dell'economia che gesticono i proventi della vendita della droga, ministri dell'agricoltura, del commercio. Ha persino un esercito, Los Zetas, ex appartenenti alle forze armate di polizia messicane, inquadrate negli squadroni della morte dei narcos. Il Cartello di Tijuana controlla tre chilometri di confine con gli Usa: nulla passa nei due sensi senza il placet. Tra le loro vittime anche il cardinale di Gualajara Juan Jesus Posadas Campo giustizato il 24 maggio 1993. In tutto sette cartelli, come le sette sorelle del petrolio che si spartiscono, spesso a raffiche di mitra e autobomba tutto il mercato interno e verso il Nord America. Tutto il Nord del Messico sta diventando un narcostato e l'unica risposta è il Plan Mérida, la militarizzazione del territorio voluta dagli Stati Uniti. Secondo l'ONU il Messico è oggi, con l'Italia e la Colombia, uno degli stati dove la criminalità organizzata è più influente e contamina la vita politica del paese in ogni contesto. «I narcos hanno una strategia per andare al potere» è la denuncia di Guillermo Valdés, capo dei servizi segreti del Messico. I soldi del traffico di droga che l'Onu ha quantificato in oltre 22 mila milioni di dollari alimenta un'economia diffusa che poggia su un mercato diversificato. A volte quotato in borsa che va dalle costruzioni, al turismo, alla contraffazione, prostituzione e al mercato alimentare. Armi e diamanti vengono usati per i contratti. Terroristi e criminali scalano il potere. Così tra le priorità dell'amministrazione Obama c'è anche la lotta alla droga. Non tanto per contrastare lo spaccio nelle strade americane quanto per affrontare l'escalation in Afghanistan ma soprattutto alle porte di casa in Messico.

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