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Che il Pdl sia partito vivo

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A suo tempo, la costituzione del Pd è stata scandita da un'intensa discussione pubblica, ha prodotto speranze ed entusiasmi e una vasta pubblicistica, ma ciò non ha evitato il naufragio politico che abbiamo avuto dinnanzi agli occhi in queste settimane. La sufficienza che sta accompagnando l'avventura del Pdl, motivata dall'errata convinzione che si tratti dell'ennesimo giocattolo berlusconiano, potrebbe suonare come un auspicio di lunga vita. È tempo dunque di accendere i riflettori su questo nuovo soggetto, generato con modalità insolite: attraverso un solitario atto di volontà e un grandioso colpo di teatro, la cosiddetta "rivoluzione del predellino". La teoria vuole che i partiti nascano dal basso, dall'aggregazione di interessi e passioni. L'esperienza del Pdl dimostra che possono venire al mondo dall'alto, sommando la forza visionaria di un leader e le capacità organizzative di un gruppo dirigente politicamente motivato. Ma creare un partito non è lo stesso che farlo vivere e durare, specie se l'obiettivo, come in questo caso, è quello di dare compiutezza alla cavalcata solitaria e trionfale di un uomo solo e di rendere un giorno possibile il passaggio da Berlusconi al berlusconismo, inteso come famiglia o eredità politica radicata nella storia del Paese. Ma cosa dovrebbe essere il Pdl per risultare, non solo vincente nell'immediato, ma vitale e longevo? E cosa dovrebbe evitare per non ripetere le difficoltà del suo omologo? Dire che sarà un partito presidenziale e carismatico è ancora dire poco. La leadership è essenziale, ma non può agire nel vuoto politico. Per conseguire i suoi obiettivi di lungo periodo un tale partito avrà anche bisogno di regole chiare e cogenti, che assicurino un effettivo pluralismo tra le sue diverse componenti ideali; di un radicamento efficace sul territorio, condizione indispensabile affinché la sua classe dirigente, a ogni livello, venga selezionata nel fuoco della lotta politica e non cooptata dall'alto, come oggi spesso avviene; e per finire di un apparato, leggero quanto si vuole, di militanti e iscritti che possa realmente partecipare alla sua vita interna, arricchendola di esperienze e contenuti. Come tutti i partiti a vocazione maggioritaria, anche il Pdl dovrà essere, per venire ai contenuti, inclusivo e plurale, tutt'altro che dogmatico e culturalmente monolitico: un partito dalle molte idee seppure guidato da una sola volontà. Dovrà parlare alla società italiana nel suo complesso, in tutte le sue articolazioni e differenze, e dovrà perciò possedere una vocazione autenticamente nazionale e una dose necessaria di laicità e di senso delle istituzioni. Dovrà guardare al futuro e perseguire obiettivi di innovazione, avendo tuttavia salde radici nella storia e nella memoria dell'Italia. Quanto ai valori, meglio non enfatizzarli o brandirli troppo, dal momento che essi per definizione dividono; senza contare che la politica, nella sua pratica quotidiana, rischia solo di svalorizzarli e inflazionarli. Tra i pericoli da evitare, il principale è quello di accontentarsi di far convivere al proprio interno tradizioni e identità politico-ideologiche radicate nel passato ma che la storia ha largamente reso obsolete: il comunismo è fallito da un pezzo, ma anche il liberalismo oggi non se la passa tanto bene. Entrando nel Pdl, gli ex di ogni partito dovranno accettare di mettersi in discussione, di creare un nuovo senso di appartenenza e di declinare in forme originali le visioni ideali e politiche che hanno ricevuto in eredità. Nemmeno lontanamente, poi, il partito che nasce dovrà assomigliare a una aggregazione di forze tenute insieme solo da un temporaneo vincolo di fedeltà personale al leader, senza che maturi una visione politica condivisa: un tale partito non avrebbe alcun futuro. Ma il rischio peggiore sarebbe la chiusura oligarchica dei suoi gruppi dirigenti, con la messa a punto di meccanismi di partecipazione fittizi o soltanto coreografici. Sarebbe una colpa mortale per un partito che nasce nel nome del Popolo e della libertà. Di certo c'è, per concludere, che il nascente Pdl rappresenta una sfida per molti versi unica, che se affrontata con convinzione e senza retropensieri potrebbe determinare cambiamenti assai importanti nella vita politica italiana.

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