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Al ritorno dalle vacanze, pare proprio che le condizioni ...

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Da Napoli viene anche quel Villari la cui elezione a presidente della Vigilanza è venuta dopo un insensato muro contro muro su Orlando, è stata preceduta dal famoso episodio del «pizzino», ed è stata accompagnata da insinuazioni tanto gravi quanto indimostrate su possibili intese trasversali. Nel frattempo esplodeva la cosiddetta «questione morale» un po' ovunque in Italia, diversi amministratori del Pd finivano indagati o addirittura in manette e il sindaco di Firenze si incatenava ai cancelli di un noto giornale amico. Nei giorni successivi si è riunita la Direzione del Pd, preceduta a sua volta da un lungo braccio di ferro fra «veltroniani» e «dalemiani» e conclusasi, come da tempo accade, con un voto unanime quanto inutile. Le vacanze hanno portato la (parziale) riabilitazione del sindaco di Pescara, con un conseguente mutamento di posizione sulla questione della giustizia; ma proprio in Abruzzo, pochi giorni prima, metà dell'elettorato si era rifiutata di partecipare all'elezione del nuovo governatore, e il Pd aveva quasi dimezzato i suoi voti. E poi, naturalmente, c'è Napoli e c'è la Campania, dove, secondo il detto popolare, il più pulito ha la rogna. Fuori dal Pd, a chiudere il quadro, si segnalano il commissariamento di Liberazione e la disintegrazione del Prc. Indignazione, sconcerto, rabbia, depressione...gli stati d'animo della gente di sinistra in queste settimane cambiano velocemente, si accavallano e si rincorrono, in una sorta di convulsione emotiva che sembra rispecchiare le convulsioni politiche di un ceto dirigente che ha fatto definitivamente bancarotta. Che cosa possiamo fare noi gente di sinistra? Il 7 giugno si vota per il Parlamento europeo. Senza nulla voler togliere alle istituzioni di Strasburgo, è evidente che il risultato pratico di queste elezioni è molto basso: che il Pd abbia dieci o venti o trenta europarlamentari francamente non fa alcuna differenza. Sarà invece importante il risultato politico del voto in rapporto alla situazione interna italiana. Astenersi dal voto il 7 giugno sarebbe dunque una scelta politica precisa, ancorché estrema, e non certo uno sfogo o una protesta: significherebbe che noi gente di sinistra non crediamo più nelle capacità di autorigenerazione di questo ceto politico, e di conseguenza lo invitiamo a farsi da parte. Significherebbe porre un argine alle umiliazioni quotidiane che ci vengono inflitte dal comportamento irresponsabile dei nostri gruppi dirigenti. Significherebbe insomma revocare la delega in bianco che in tutti questi anni abbiamo dato loro, e riprenderci, per dir così, i nostri pieni poteri di donne e uomini della sinistra italiana. Per fare cosa? La sinistra ha bisogno di una nuova leadership, di un nuovo gruppo dirigente e con ogni probabilità anche di un nuovo partito. Il Pd così com'è oggi è l'ostacolo principale, se non unico, a che questo avvenga. Il nostro compito è rimuovere con il (non) voto quell'ostacolo, e aprire la strada al futuro. Una quota di astensioni capace di mandare il Pd sotto il 20% alle elezioni di giugno sarebbe sufficiente a disintegrarne il ceto politico, e a rendere così possibile una nuova stagione della sinistra italiana. Il cammino, dopo, sarà senz'altro lungo e accidentato: ma proprio per questo è bene cominciare per tempo. Berlusconi ci malgovernerà fino al 2013: la sinistra, liberatasi finalmente dal ceto politico che la tiene prigioniera, avrà di fronte a sé tre anni per riorganizzarsi. Non è molto, ma non è neanche poco. Forse varrebbe la pena provarci. *Testo pubblicato ieri su www.facebook.com

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