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D'Alfonso ancora nei guai: le inchieste si unificano

Luciano D'Alfonso

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Insomma, per il Pd i guai non sembrano avere fine. O meglio: quando la fine sembra avvicinarsi, ecco che ne arrivano di nuovi. Un caso emblematico quello abruzzese, dove il 14 e 15 dicembre scorsi si è tornati a votare per eleggere il nuovo consiglio regionale, dopo il terremoto giudiziario che, il 14 luglio scorso, ha travolto l'ex governatore Ottaviano Del Turco e buona parte dei suoi assessori; tutti del Pd, per presunte tangenti nella sanità. Ebbene, proprio il 15 dicembre scorso, a scrutinio concluso e a sconfitta conclamata per il Pd, un'altra tegola si è abbattuta sul Partito Democratico. L'arresto del sindaco di Pescara e segretario regionale del partito, Luciano D'Alfonso, per tangenti negli appalti pubblici al Comune. Un vero terremoto, arrivato, in realtà, non in maniera improvvisa. Già da mesi, da giorni si vociferava di un possibile arresto per varie indagini sul suo conto da parte della Procura di Pescara. Voci che sono divenute sempre più pressanti, in un crescendo, per tutta la giornata del 15 dicembre sino poi all'arresto. Pesanti le ipotesi di reato a suo carico: associazione a delinquere finalizzata a corruzione, concussione, falso ideologico, abuso e truffa aggravata. Per l'ex segretario del Pd, nove giorni di domiciliari e ben otto ore di interrogatorio di garanzia, nel corso del quale ha cercato di smontare ogni accusa nei suoi confronti. Poi, alla vigilia di Natale, la cronaca di una scarcerazione annunciata. Immediate le polemiche in casa Pd, per un arresto che non doveva esserci. Walter Veltroni ha subito parlato di un «fatto gravissimo». E mentre imperversava la bufera politica, ecco l'ordinanza del gip, secondo cui il quadro accusatorio «resta confermato ed anzi sotto taluni aspetti rafforzato». Alla base della scarcerazione, le dimissioni presentate dall'ex sindaco. Dimissioni che ora qualcuno continua a sognare che possano essere ritirate. Un sogno, per davvero.

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