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Veltroni riparte dopo l'incontro con la Direzione

Walter Veltroni

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Non certo il 19 dicembre quando la temperatura minima fa segnare 4 gradi e la massima, nonostante il sole, 12. Eppure il Pd ha deciso di celebrare qui, nel pieno del terremoto giudiziario che lo ha investito e dopo le sconfitte elettorali che hanno indebolito la leadership di Walter Veltroni, lo «scontro finale» tra il segretario e i suoi oppositori. Dentro, nella sala riscaldata, gli oltre 140 membri della Direzione nazionale. Fuori, all'addiaccio (è stato allestito un piccolo gazebo riscaldato con due stufe elettriche e dotato di due schermi con casse per seguire in diretta i lavori), i giornalisti. Ed è qui che Luca Sofri, membro della Direzione cooptato direttamente da Veltroni, fotografa, con una frase, il senso della giornata: «Quella di Walter è un'ottima relazione di un anno fa». Già, perché nonostante i proclami della vigilia, non c'è stata alcuna resa dei conti. Il segretario è tornato indietro nel tempo riprendendo il discorso di insediamento pronunciato al Lingotto di Torino, non ha cercato lo strappo, mentre i suoi oppositori non si sono spinti oltre qualche critica di facciata. Per dirla con Massimo D'Alema: «Abbiamo avuto una discussione pubblica, sono emerse opinioni non tutte concordanti come è naturale e giusto che sia in un contesto di persone libere. Dopodiché ognuno darà il suo contributo». Alla fine, quindi, fiducia praticamente unanime al segretario e avanti fino al 12 marzo quando si celebrerà la conferenza programmatica nazionale. Fino ad allora il «Vangelo» cui dovrà ispirarsi il Pd sarà la relazione svolta dal segretario. In estrema sintesi un'analisi dell'incapacità del governo davanti alla crisi economica con dentro anche cinque «proposte concrete». Secondo Veltroni al Paese, oggi, servono: una politica di bilancio espansiva; un nuovo sistema universale di ammortizzatori sociali; più centralità dei temi ambientali; una radicale e condivisa riforma della scuola, dell'università e della ricerca; politiche giuste per il Mezzogiorno. Tutto qui? No, certo. Il segretario non si risparmia una riflessione su guai giudiziari e identità del partito. «Per i disonesti non c'è posto nel Partito Democratico» annuncia con fermezza. Anche se poco prima aveva spiegato che «un partito ha pochi poteri di intervento su se stesso in chiave punitiva e repressiva. Ha invece grandi responsabilità e possibilità nelle prevenzione di comportamenti illeciti». Nessun riferimento quindi, ai casi di Pescara e Napoli, anche se, su mandato della Direzione, d'ora in poi Veltroni potrà commissariare i segretari locali, ma solo «in casi di necessità e urgenza e ricorrendo gravi e ripetute violazioni dello Statuto o del Codice etico» e «sentito il Consiglio dei garanti». Insomma, Rosa Russo Iervolino e Antonio Bassolino per ora possono dormire sonni tranquilli. E non stupisce che, intervenendo poco dopo il segretario, il gorvernatore inviti il partito a compiere a Napoli e in Campania «una ridefinizione programmatica e una selezione di obiettivi per rendere più chiaro non solo se è giusto restare ma per che cosa». Qualcuno, lontano dai microfoni, parla di un intervento «surreale», ma nessuno ha il coraggio di dirlo in sala. Così come sono pochi quelli che, dopo che il segretario ha ripetuto allo sfinimento che l'alternativa è tra «innovazione» e «fallimento», hanno il coraggio di chiedere un cambio radicale dei vertici del partito. Ci prova il sindaco di Torino Sergio Chiamparino che invoca la costituzione di un gabinetto di crisi che affianchi il segretario e rimette addirittura il suo mandato di ministro ombra alle Riforme. La «crisi di governo», però, dura meno di un'ora. Veltroni chiede al primo cittadino di ripensarci e tutto finisce. A verbale restano la definizione che Massimo D'Alema dà del Pd («un amalgama fin qui mal riuscito»); la scuola di formazione nel Mezzogiorno che si avvarrà della collaborazione di Roberto Saviano («ma via i dirigenti collusi» avverte lo scrittore); Piero Fassino che chiede un «salto di qualità su progetto e partito»; Francesco Rutelli che sottolinea l'errore compiuto con la Vigilanza Rai e avverte che «oggi un terzo degli elettori della Margherita non sono con noi»; Marco Follini che si vede respingere una mozione anti-Idv, ma con l'astensione di D'Alema. In fondo Veltroni ha appena spiegato che il Pd e Di Pietro fanno due diverse opposizioni. Ma chiedergli di agire su questo è troppo. Per le decisioni se ne riparla a marzo.

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