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«Pagai Andreotti. Ma per gioco»

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Appena superata la porta d'ingresso della Clementoni, la prima impressione che si ha è di essere in un mondo fantistico, accolti da Topolino all'entrata, le Winx lungo il corridoio, zio Paperone e Winnie the Pooh su tutte le pareti. Un'azienda nata dall'intuizione di un uomo - Mario Clementoni - che voleva escogitare il modo per far giocare i bambini educando. Questo è ancora il leit motiv dei prodotti Clem-Clem. Quattro figli, tutti in azienda. E tra loro c'è anche Stefano, il primogenito a cui è toccato occuparsi delle esportazioni dei giochi Clementoni all'estero. È lui a raccontare gli esordi della fabbrica di famiglia, con un papà che, lavorando nel campo degli strumenti musicali, «voleva realizzarne qualcuno come giocattolo. Tutto comincia da lì». Com'era per voi figli vivere in mezzo ai giochi? «Beh, tenga conto che sia papà che mamma lavoravano in azienda. Per questo noi figli abbiamo sempre partecipato ai consigli di amministrazione, due volte al giorno, uno a pranzo e uno a cena». Dica la verità, a scuola eravate considerati bimbi fortunati? «Sì, un po' sì. I nostri compagni ci dicevano sempre: "Chissà quanti giochi avete!". Era vero, ma non erano giochi Clementoni. Spesso facevamo da "cavie" per testare i giocattoli che mio padre trovava all'estero. Ce li portava e noi dovevamo provarli». Il primo giocattolo che ha ricevuto? «Il "Concilia", un gioco sull'educazione stradale». Come nascevano i giochi di suo padre? «La maggior parte delle volte prendendo spunto da noi figli: ci osservava giocare». I giocattoli si ispirano anche alla realtà? «Perché devono ispirarsi alla realtà? Devono essere ispirati ai bambini». Sì però i giochi di oggi sono molto più tecnologici rispetto al passato. «È vero. Anche noi abbiamo una linea di computer per bimbi, molto simili a quelli reali, con tanto di tastiera e mouse. Ma sono convinto che il giocattolo debba rimanere legato per lo più ai sogni». Ricorda qualche aneddoto particolare associato al brand Clementoni? «Agli albori della nostra storia un personaggio che entrò in azienda, dandoci una bella spinta, fu il mago Silvan. Fu uno dei primi testimonial. E poi, negli anni '80, realizammo il gioco "Insieme". Un'altra pietra miliare della nostra azienda». Perché? «Era il periodo in cui andavano i giochi domanda-risposta, tipo il Trivial. Mio padre, piuttosto che farne uno simile, cercò sei personaggi famosi e chiese loro di preparare delle domande, ognuno per il suo settore». Chi erano i sei personaggi? «Giulio Andreotti, Renzo Arbore, Maurizio Costanzo, Sandro Ciotti, Piero Angela, e Jas Gawronski. Andreotti fu il primo a dir di sì e a completare il lavoro in tempi brevissimi». Furono pagati? «Certo, ognuno ebbe il suo compenso». Il personaggio più strano con cui avete lavorato? «Sempre il mago Silvan». I Paesi dove esportate di più? «Beh in tutta l'Europa. Copriamo 16 lingue ed esportiamo in 56 Paesi». Lei voleva fare questo lavoro già da piccolo? «Non ho mai pensato di fare altro». Veniamo al vostro jolly, il "Sapientino". Da dove nasce? «Dall'idea di educare giocando. All'inzio era un gioco come tanti altri. Negli anni poi è cresciuto tantissimo, arrivando a realizzarne sempre di più. Da qui l'idea di farne un brand, "Sapientino", che esiste tuttora». Sono diversi dal passato? «Sì, nel senso che sono adattati sempre di più ai bimbi di oggi, bambini sempre più soli. Ma non solo: i bimbi oggi sono molto più veloci, esposti ad internet, ai cellulari, ai televisori. Una volta c'era il trenino elettrico, che il papà comprava al figlio per poi giocarci lui. Ora invece si compra la play station...». La vostra azienda ha un legame molto forte con Walt Disney. «È vero, è un legame storico. Abbiamo la licensa Disney da oltre 30 anni. Il primo gioco realizzato, Pippo olimpionico». Il personaggio Disney che va per la maggiore? «Winnie the Pooh. Anche se Topolino sta tornando di moda». Fate prodotti ad hoc per il Natale? «Cerchiamo di fare giochi che vengano venduti tutto l'anno. Certo, in questo periodo si vende di più». Ovviamente Babbo Natale si rifornisce qui? «Assolutamente sì. È il nostro più grosso cliente». Chi è più esigente Babbo Natale o la Befana? «Babbo Natale. La Befana porta anche dolciumi e carbone». È vero che la crisi economica ha portato i prezzi dei giocattoli al ribasso? «Clementoni non ha variato i suoi prezzi. Abbiamo però mantenuto i prezzi invariati rispetto all'anno scorso». Ma la crisi si sente nel suo settore, o trattandosi di giocattoli e quindi di bambini, si spende ugualmente? «Le risponderò dopo Natale. Dai primi segnali sembra che la crisi si senta anche per i giocattoli. Io spero che il Natale dei bambini non si tocchi. Se perdiamo le nostre tradizioni...». Chi compra più giocattoli? «Sicuramente i nonni». Come imprenditore, segue la vita politica? «Certo. Del resto, i nostri giornali ne sono pieni, è impossibile non farlo. E comunque un imprenditore fa bene a seguirla». C'è un politico che le piace in modo particolare? «Berlusconi». Il motivo? «Perché essendo di base un imprenditore ha fatto e sta facendo cose molto egregie. Ci sarebbe un aneddoto...». (Si ferma, quasi non volesse andare avanti). Non si fermi, ce lo racconti. «Non volevo...Vabbè. Io sono stato candidato per le politiche nel 1994, proprio con Forza Italia. Insieme a me in Confindustria, c'era Stefania Prestigiacomo e anche lei poi si presentò alle Politiche in quell'anno». Come andò? «Non so se per fortuna o per sfortuna. Comunque, nella Marche An non si unì a Fi. Così avevamo la destra rappresentata da ben quattro partiti. Vinse la sinistra. E io fui il primo dei non eletti». Non c'ha più riprovato? «No». E se ora le chiedessero di rientrare? «Ci penserei. Occuparsi di politica, secondo me, è quasi un dovere civile». Rimanendo nella politica, a chi manderebbe un dono con Babbo Natale? (Ride) - «Manderei un "Sapientino" al nostro Presidente della Repubblica. In fondo, Giorgio Napolitano è il nonno di tutti noi italiani».

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