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Ci volevano la questione morale — che, dopo i casi Napoli e ...

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Se, in passato, il tasto era molto delicato per il Cavaliere, perché i suoi critici l'accusavano di avere la coda di paglia in materia, oggi il premier parte da una posizione di forza ed è in grado di ribaltare i vecchi pregiudizi portando a casa, in tempi brevi, le proposte di riforma del Csm e della separazione delle carriere tra giudici e pm. Nonostante i mal di pancia della Lega, che teme lo slittamento dell'altra grande riforma in cantiere, quella del federalismo, per dare, appunto, la precedenza al «dossier» giustizia. Dubbio legittimo, ma oggi la necessità di cambiar volto alla magistratura ha, certamente, priorità assoluta. Non è un caso che anche Casini si sia ora allineato alle posizioni di Berlusconi, proponendo un tavolo di trattative tra maggioranza e opposizione sull'argomento e ottenendo — a dispetto delle accuse di non volere il dialogo con la controparte — una piena adesione dallo stesso Silvio. Un'apertura è arrivata anche dall'ex presidente della Camera Violante, che si è trovato piuttosto in sintonia con il ministro Alfano, ma resta ancora qualche legittimo dubbio sulla posizione di Veltroni e di tutto il Pd, nonostante alcune «avance» affiorate nel caminetto di ieri tra i maggiorenti del partito. A questo punto, Veltroni non ha davvero alternative: o accetta il dialogo con la maggioranza, come gli stanno suggerendo Violante e, in una certa qual misura, lo stesso D'Alema (che ha addirittura firmato un comunicato congiunto con Walter, quasi a voler sanzionare il momento delicatissimo attraversato oggi dal Pd), oppure è destinato a issare bandiera bianca, facendosi, magari, scavalcare da altri. A pesare sull'atteggiamento del segretario è il solito dilemma se mollare o no Di Pietro. Fino a pochi mesi fa, la guerra in trincea pro-magistratura dell'ex pm di Mani Pulite aveva, in effetti, dato nuova linfa all'Idv e alla sinistra, ma adesso quel giacobinismo non paga come una volta e Tonino, a prescindere dal suo solito refrain «che c'azzecca», assomiglia sempre più all'avvocato Azzeccagarbugli, quello delle cause perse, anche se, magari, potrà ottenere, alle prossime elezioni, qualche voto in più sottratto al Pd. Veltroni sembra non rendersi ancora del tutto conto (e, data la situazione, ciò è molto preoccupante per lui stesso) che, proprio il rapporto, ormai incestuoso, con l'Italia dei valori finisce per trasformarsi in un clamoroso «boomerang» per il Partito Democratico. Se l'ex Walter nazionale, sempre più debole, come abbiamo visto, anche per i guai giudiziari che coinvolgono le giunte rosse (ed è piuttosto significativo il fatto che, a scendere in campo con grande evidenza contro i «compagni spa», e quindi contro l'attuale segretreria del partito, sia stato il gruppo «l'Espresso», da sempre in odore di sinistra), non cambia subito musica, abbandonando al suo destino proprio Di Pietro, è destinato all'immancabile resa dei conti all'interno del Pd. Ed è significativo che — secondo gli ultimi sondaggi condotti , guarda caso, da «Repubblica» — gli indici di gradimento del maggior partito d'opposizione continuano a scendere, a vantaggio della stessa Idv. Veltroni è, dunque, obbligato a liberarsi da questo mortale abbraccio con Tonino. Tanto più che la riforma della giustizia diventa, adesso, indispensabile per la stessa magistratura che, come dimostrano le vicende di Salerno e di Catanzaro, non è più in grado di andare avanti nelle condizioni attuali. Siamo alle solite: tutti, giudici compresi, vedono la necessità della sterzata, ma qualcuno cerca sempre di procedere in senso contrario. Non vorremmo, ancora una volta, che la miopia di pochi finisca per rendere tutti ciechi. Per il suo stesso bene, quindi, il consiglio che proviamo a dare è uno solo: Walter, accetta anche tu, come Casini, il dialogo con Berlusconi e Alfano!

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