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Il Pd scambia Trento per Palazzo Chigi

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«I risultati delle elezioni in Trentino sono un importante segnale di valore nazionale - commenta soddisfatto -, e confermano come anche nel nostro Paese il clima stia cambiando». Insomma, entusiasmo alle stesse in casa del Pd che, dopo cinque anni di governo, conferma il presidente uscente Lorenzo Dellai alla guida della provincia: 56,99% contro il 36,5% ottenuto dallo sfidante del Pdl Sergio Divina. Venti punti di distacco. Certo, nel 2003 furono 30 (60,8% contro il 30,7% di Carlo Andreotti). Ma queste sono cose da contabili, argomenti buoni per i maligni che vogliono mettere in dubbio la grande e storica vittoria del Pd. Guai quindi a far notare che non si tratta di un voto significativo; che sono andati alle urne solo 297mila elettori su quasi 60 milioni di italiani; che cinque anni fa l'Udc era con il centrodestra e oggi sta con il Pd (anche se le liste dei centristi sono state escluse dalla competizione per motivi formali); che, nonostante Dellai abbia governato fino ad oggi, ha comunque perso il 4% mentre il candidato del centrodestra ha guadagnato quasi il 7%. A dire il vero ci sarebbe anche il raffronto con le politiche 2008 dove, alla Camera, il Pd ha ottenuto il 32,3% mentre oggi si è fermato al 21,6%. Ma vorrebbe dire rimestare nel torbido. Quel che conta veramente è che le elezioni trentine, le prime amministrative dopo la vittoria di Silvio Berlusconi ad aprile, segnano un cambio di passo. Sono esempio inequivocabile che la luna di miele tra il governo e i cittadini è finita. Così, uno dopo l'altro, ecco i big del Pd scendere in campo a celebrare il trionfo. Per il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro «si cominciano a cogliere concretamente i risultati della decisione consapevole e convinta di unire i rifomisti del nostro Paese». Mentre Goffredo Bettini parla di «primo dato che ha anche una valenza nazionale». Francesco Rutelli, invece, è entusiasta perché il risultato evidenzia che «la strada per il futuro è una alleanza di nuovo conio (quella con l'Udc ndr) anche a livello nazionale». Parole che scatenano la reazione stizzita del capogruppo alla Camera Antonello Soro: «Non so cosa abbia in mente Rutelli, il sostegno dell'Udc è stato molto leale e prezioso, ma penso che il compito del Pd non sia quello di delegare ad altri il presidio dell'area centrale dello schieramento politico italiano». Anche con la vittoria quindi, gli attriti in casa Pd restano. E non va meglio nel Pdl dove il risultato (12,3% con la Lega al 14%) non viene letto ovunque allo stesso modo. Per il coordinatore di Forza Italia Denis Verdini, ad esempio, quello del Pd è un «vero e proprio inganno propagandistico», mentre il reggente Ignazio La Russa invita tutti a «riflettere bene su questa difficoltà del Popolo della libertà di non avere nelle elezioni amministrative gli stessi risultati che otteniamo solitamente alle politiche». Insomma, come spesso accade, le interpretazioni del voto sono molteplici. Una sola cosa è certa. Cinque anni fa, con il governo di centrodestra in carica, Dellai vinceva le elezioni e l'allora presidente dei Ds Massimo D'Alema commentava: «Le elezioni confermano una crisi della maggioranza di governo, una progressiva riduzione dei consensi attorno a Berlusconi». Non c'è dubbio il clima è proprio cambiato.  

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