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Nel pomeriggio di oggi, a Palazzo Chigi, si terrà una ...

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In quella sede bisognerà ratificare il provvedimento noto come «pacchetto 20-20-20». I nostri media ne hanno parlato poco e in termini di semplicistica approvazione. In realtà, rappresenta una pesante minaccia per le imprese italiane. Provate ad immaginare un costo annuo non inferiore a 20 miliardi di euro per immaginare quanto fondamentali saranno le decisioni del governo. Per questo, forse vale la pena uno sforzo di approfondimento. La direttiva di cui stiamo parlando, «Clima e Energia», nasce a marzo del 2007 fissando nel 2020 traguardi ambientali significativi: -20% di emissioni di anidride carbonica, 20% di energie rinnovabili, +20% di efficienza energetica, 10% di biocombustibile nel settore dei trasporti. Obiettivi questi presi dall'Europa in modo unilaterale. Che vuol dire che questo sforzo non sarà fatto da Usa, Cina, India: ovvero da quelle economie che più direttamente e fortemente concorrono con la nostra (e che già respingono la non poco onorosa Kyoto). Se in effetti tutti i paesi dell'Unione si atterranno alle disposizioni previste da questo pacchetto, sapete quale sarà il risultato? Nel mondo le emissioni diminuiranno del 2%. Meglio di niente, si dirà. Peccato che nel frattempo le imprese europee saranno chiuse o, nella migliore delle ipotesi, delocalizzate all'estero. Per l'Italia il conto di questo european politically correct avrà un costo più alto e per un motivo che suona come una beffa. Negli anni di Pecoraro Scanio siamo stati abituati all'idea di essere dei grandi inquinatori. Non è vero. Il livello delle nostre emissioni è sotto la media europea. La nostra efficienza energetica è invece sopra la media. Questo vuol dire che i costi marginali per incrementare queste performance sono elevatissimi. Non meno di 20 miliardi di euro l'anno. Somma a cui va aggiunto il costo della nostra adesione al protocollo di Kyoto: altri 4 miliardi di euro l'anno dal 2012. Le nostre imprese - le piccole come le grandi - e il nostro bilancio pubblico se lo possono permettere? La politica deve riprendere in mano le fila di questo dossier. Il vertice di oggi lascia ben sperare. Si tratta di infrangere il muro dell'ortodossia europea ben difeso da alcuni riottosi (e importanti) burocrati. Bisogna spiegare che l'alternativa non è pacchetto 20-20-20 o niente. L'Italia può accompagnare il Consiglio Ue del 17 ottobre alla decisione di introdurre una clausola di revisione al 2010 puntando al passaggio dall'idea del vincolo a quella dell'investimento. Se invece di spendere la stima assai benevola dello 0,6% del Pil europeo nel rincorrere un obiettivo unilaterale e anticompetitivo, l'Europa investisse anche solo lo 0,3% del proprio Pil in ricerca e sviluppo tecnologico in energia e ambiente, avremmo probabilmente un risultato molto migliore. Per l'ambiente e per l'economia. Il crinale fra disastro autolesionistico e successo di sistema è sottilissimo. Questa volta la politica può fare la differenza. I ministri che si riuniranno oggi da Letta devono sapere che la loro scelta determinerà la vita di un pezzo importantissimo (e non sostituibile) del sistema produttivo italiano. In bocca al lupo! *www.formiche.net

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