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Donadi: «Ma noi siamo ancora in linea con il testo»

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Donadi, sulla sicurezza l'esecutivo sta facendo un passo avanti? «Posso dire di sì. Siamo in linea con la maggior parte dei punti. Anche perché il testo riprende per due terzi il lavoro di Giuliano Amato. Come, per farle un esempio, la creazione della Banca dati del Dna o le norme che rendono più facili le espulsioni. Di provvedimenti buoni ce ne sono, bisogna impegnarsi a non svilirli. Ripeto, noi saremo con il governo se applicherà quei due terzi del testo. I passi in avanti che si stanno facendo non vengano però vanificati dalle norme manifesto, un po' come è stato con la Bossi-Fini». Si riferisce al reato di immigrazione clandestina? «Si rischia di inceppare un buon meccanismo per dare un contentino alla Lega». Dove individua il problema nella norma? «Non è un "no" buonista. Il problema è serio, ma non si risolve portando a processo 700.000 clandestini, senza contare un milione e cinquecentomila di possibili processati per reati collegati, come le vecchiette che hanno le badanti clandestine. Alla fine diventerebbe una norma totalmente inapplicata, oppure dovremmo trasformare la Sicilia in una enorme prigione. Non siamo convinti nemmeno che il reato di clandestinità posssa essere un'aggravante: sarebbe incostituzionale. Tutto il resto lo salviamo». Anche la politica sui Cpt? «Sì, ci convince a tal punto che ne rivendichiamo la paternità». Ieri l'Anm ha detto la sua sul "pacchetto". Si rischia lo scontro tra politica e magistratura? «Il rischio c'è ed è molto alto». Da cosa è scaturito? «Dalla debolezza della politica che non si assume responsabilità. E i magistrati, come ogni ordine, fanno lo scarica barile». La magistratura in questi casi deve intervenire? «Non è necesario. Ma se una legge è fatta male deve dire che non può applicarla, se no è il collasso». Come vorreste modificare il testo sulla sicurezza? «Abbiamo un contropacchetto. Un testo unico che si impegna sul reato di identificazione». Si spieghi. «Il grande problema della polizia è che il clandestino rifiuta di dire come si chiama e da dove viene. Noi vogliamo che chi consente la propria identificazione venga rimandato al proprio Paese, con alcuni meriti. Chi invece non collabora commette un reato». Una proposta annunciata anche dal Pd. «Veramente noi l'avevamo spedita a loro auspicando di farne un fronte comune. Ma invece se ne sono appropriati». Ci sono contrasti con Veltroni? «Col Pd il dialogo è crescente, ma c'è anche un'affinità con l'Udc, specialmente dopo il nostro blocco all'emendamento salva-Rete4. Con loro mi sento di dire che in questo momento siamo compatibili, ma il riposizionamento del partito di Casini riguarda loro, non noi».

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