Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Pesce, latte, prosciutto la rivolta dei produttori

default_image

  • a
  • a
  • a

O di quello allevato. Rischiando anche di pagarlo di più. Solo nel Lazio il calo del prodotto fresco è arrivato a sfiorare il 50 per cento del totale. Da una settimana, infatti, i pescatori non escono dai porti, protestano contro i rincari del prezzo del gasolio (in un anno è passato da 40 a 82 centesimi al litro), un aumento che riduce al lumicino i guadagni dei pescherecci. E protestano contro la Ue e il nostro governo che non intervengono per sostenere economicamente l'attività dei pescatori. Ieri a Bruxelles la rabbia dei pescatori italiani e francesi, arrivati nella città sede del parlamento europeo, è esplosa in scontri violentissimi: sono stati bruciati cassonetti, rotti i vetri del palazzo dell'agricoltura, bloccate alcune delle strade principali della città. Alla fine sono state fermate 74 persone ma nessun italiano. Ma presto potrebbe scoppiare un'altra protesta, altrettanto pericolosa. A scendere in piazza e a bloccare la produzione stavolta potrebbero essere i produttori di latte. Anche loro sempre più stretti tra costi che aumentano (nel loro caso quelli di soia e mais) e industrie che invece vogliono pagare sempre meno. Così i guadagni si riducono al minimo. E addirittura qualche imprenditore ha già denunciato di lavorare in perdita. Oggi un litro di latte viene venduto dall'allevatore a 42 centesimi, sullo scaffale dei supermercati costa 1,60 euro. In mezzo ci sono i guadagni di tutta la filiera, dall'imbottigliamento al trasporto. Ma le industrie vogliono pagarlo ancora meno e hanno chiesto ai produttori di arrivare a una media di 35 centesimi al litro. Una richiesta che gli allevatori non hanno neppure voluto discutere. Così ora si rischia che da un momento all'altro scatti la protesta e che l'Italia resti senza latte. Ma non siamo l'unico Paese che rischia il black-out. In Germania il bubbone è già esploso, per far capire le ragioni della loro protesta gli allevatori hanno rovesciato il latte nelle strade pur di non «svenderlo» alle industrie. Un blocco che inizia ad avere ripercussioni anche in Italia, perché il nostro Paese importa dalle stalle tedesche il 40 per cento del latte che finisce sulle nostre tavole come prodotto fresco o come formaggio. L'ultimo settore dove è esplosa la guerra tra produttori e consumatori è quello del prosciutto. Nel 2007, ha spiegato la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, il prezzo medio dei suini è diminuito dell'8% rispetto al 2006, mentre il costo dei cereali e dei semi oleosi indispensabili per l'allevamento «ha fatto registrare impennate vertiginose». Attualmente i suinicoltori intascano 1,15 euro al chilo, un livello che ha portato il settore «al limite del collasso». «Gli allevatori — ha spiegato ancora l'organizzazione — sono allo stremo e non possono più operare in queste particolari condizioni, con i redditi che, proprio per i crescenti e inarrestabili costi di produzione e per i prezzi praticamente al ribasso, in poco tempo si sono dimezzati». Così gli allevatori hanno deciso di non rilasciare più i certificati unificati di conformità (Cuc) per i suini da macello e i certificati intermedi (Ci) per i suinetti. E in questo modo impediranno al resto della filiera di produrre prosciutti e salumi a denominazione di origine.

Dai blog