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Paolo Zappitelli [email protected] An non è arrivata ...

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«La nostra storia — spiega — prosegue in una forma diversa. È un filo rosso di coerenza in un progetto che è iniziato tanti anni fa per far diventare la destra italiana protagonista a livello europeo». Però tra i militanti di An serpeggia la paura di perdere la vostra identità andando a finire in un partito nuovo. «È un pericolo che non c'è. Si scioglie chi non ha niente da dire, noi invece siamo protagonisti di un processo di costruzione di una cosa nuova. Dentro la quale porteremo i nostri valori e le nostre idee. Successe anche con il passaggio dal Msi ad An. E avendo già vissuto quella fase forse per noi questo momento diventa più facile. Certo, i rischi quando si va verso qualcosa di completamente inedito, diverso, ci sono. Ma la capacità della politica deve essere quella di anticipare i tempi». C'è anche chi dice che questa aggregazione è stata una scorciatoia per poter entrare nel Ppe. «In Europa non c'è più il partito popolare formato dalle vecchie Dc, oggi si sta ridefinendo il ruolo del Ppe. E noi siamo dentro quel processo». Lei è considerato molto vicino a Fini. Che effetto le ha fatto vedergli lasciare la presidenza del partito dopo vent'anni? «Ho ripensato alla strada fatta insieme, al primo movimento sociale, poi a Fiuggi e a tutte le fasi successive che hanno tolto An da una sorta di ghettizzazione culturale, da una subalternità psicologica rispetto agli altri partiti. E se oggi siamo definitivamente accettati a livello di centrodestra lo dobbiamo a Gianfranco. E lo posso dire perché sono stato accanto a lui nei momenti difficili, quando ha rischiato di rimanere solo, quando c'è stato il superamento delle correnti, quando si è dovuto ricostruire lo spirito unitario di An». Ora però dovrà lasciare il partito per diventare un garante super partes. «No, il suo ruolo istituzionale sarà diverso, lo ha detto. Sarà di indirizzo culturale e politico per la nuova fase che si sta aprendo». Quanto è stata importante la vittoria di Roma per assumere un ruolo di parità con Forza Italia? «Importantissima, il protagonismo di An nella capitale e al sud ha bilanciato l'asse con il Nord e con la Lega. Abbiamo dimostrato che An è stata capace di leggere nel tessuto di Roma, tra le pulsioni della gente, abbiamo saputo intercettare il malumore, anche a livello di alta intellettualità». Restiamo a Roma. Alemanno, in un'intervista al «Sunday Times» ha dichiarato di non essere mai stato fascista. Anche lei condivide questa affermazione? «Io dico che definirsi fascista staccandosi dal contesto storico in cui quell'ideologia si è sviluppata è davvero fuori luogo. Riconoscersi nel regime fascista è sbagliato. Tra l'altro io vengo da un'esperienza di analisi culturale che leggeva il fascismo in un momento diverso. Noi guardavamo al movimentismo fascista, la parte più socialista, guardavamo al futurismo come a un movimento che spezzava le regole, iconoclasta, che esprimeva voglia di creatività. E non dimentichiamo che il futurismo è stato rivalutato anche da personaggi della sinistra come Fuksas».

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