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Ciarrapico seppellisce la campagna soft

Giuseppe Ciarrapico

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Ci voleva Giuseppe Ciarrapico, il «Ciarra» come lo conoscono i più, con i suoi toni da imprenditore ciociaro poco avvezzo a usare il fioretto quando parla, a scuoterla violentemente. E a far sobbalzare i leader politici di tutto l'arco parlamentare. In un'intervista a «Repubblica» Ciarrapico si è lasciato trasportare dall'entusiasmo per essere riuscito finalmente a coronare il sogno di approdare in Parlamento, grazie alla candidatura che gli ha offerto Berlusconi, e ha risposto candidamente, e assai ingenuamente, che «il fascismo mi ha dato sofferenze e gioie. Mai rinnegato, mai confuso, mai intorpidita la mente da pensieri sconclusionati e antistorici». L'ultimo riferimento era ovviamente all'«abiura» di Fini. Verso il leader di An l'imprenditore che fu nel cuore di Giulio Andreotti e che oggi è sotto inchiesta per alcuni finanziamenti ricevuti, non ha infatti mai nutrito simpatia. Ma è la dichiarazione sul fascismo a scuotere tutto il mondo politico, a mandare in fibrillazione lo stesso Pdl. Il mondo ebraico fa fuoco e fiamme, partono le telefonate verso palazzo Grazioli, Fiamma Nirenstein (candidata anche lei nel Popolo della Libertà) annuncia che non può stare nelle stessa lista con un personaggio del genere — «non sono compatibile con chi rivendica il fascismo, io sono antifascista — Fini replica con un gelido «Se è davvero fascista si ritiri». E tutta Alleanza nazionale si dissocia dalla candidatura voluta dal Cavaliere. Umberto Bossi, non certo un esempio di diplomazia politica, chiede addirittura che si ritiri: «È opportuno che Ciarrapico faccia un passo indietro se non vuole danneggiare la coalizione». Insomma la candidatura voluta, forse un po' incautamente, da Berlusconi in persona, per qualche ora ha rischiato di far esplodere un «pasticciaccio» dentro il Pdl. Alla fine, dopo una girandola di telefonate, è stato lo stesso Ciarrapico a rimediare, spiegando che «il testo dell'intervista pubblicata oggi sul quotidiano La Repubblica non corrisponde al mio pensiero». Ma prima di deporre le armi il «Ciarra» ha tirato fuori l'orgoglio per replicare a Umberto Bossi: «Mi chiede di ritirarmi? È una sua idea personale, che non trova motivi validi perché io l'accolga». Poi arriva la precisazione sul suo «vero» pensiero su fascismo, annessi e connessi. «Sono un cittadino fedele della Repubblica italiana e quindi della democrazia che la regola — spiega — spero solo che le riforme istituzionali richieste dal precedente governo Berlusconi, e bocciate dallo strumentale referendum dell'epoca di Prodi, la migliorino. Per quanto riguarda il passato, come giustamente ha detto Gianfranco Fini, è qualcosa che attiene alla memoria storica». «Il fascismo — prosegue — appartiene al nostro passato e il giudizio su questo periodo drammatico della nostra storia è bene che sia lasciato agli storici. Per quanto mi riguarda, non ho mai nascosto la mia giovanile adesione ad esso, al pari di tanti illustri italiani, ma al tempo stesso ho sempre espresso la mia netta riprovazione e condanna, qualunque sia stata, per la perdita della democrazia e ancora di più per le discriminazioni razziali». Anzi Ciarrapico ha raccontato di aver anche aiutato una famiglia ebrea durante la guerra: «Io e la mia famiglia ci siamo sempre onorati di aver assistito nella latitanza nel 1944 una delle più importanti famiglie israelite in Roma». Berlusconi tira un sospiro di sollievo, il Pdl anche. E il «Ciarra» si tiene il suo posto in lista al Senato nel Lazio.

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