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Mannheimer: "Per ora toni cauti ma tra poco la tensione salirà"

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Idue principali candidati alla premiership puntano sui contenuti, usano toni pacati e realisti, e le loro proposte si assomigliano come accade da anni negli Usa. Ma presto, arrivati al rush finale, la tensione salirà e lo scontro si farà più duro. Renato Mannheimer non fa previsioni sul voto, quelle le lascia ai maghi. Ma analizza il comportamento dei candidati e usa i suoi «sensori» di esperto sondaggista per percepire l'aria che tira fra gli elettori. E nell'aria c'è profumo d'indecisione. Professore, come si stanno comportando i candidati? «Berlusconi e Veltroni sono ambedue molto orientati sui contenuti e non demonizzano il rivale. O meglio, lo fanno poco rispetto a due anni fa. Probabilmente, lo faranno di più in seguito. Veltroni deve recuperare lo svantaggio iniziale e, quindi, cerca di dare un'immagine più attiva e propositiva. Il Cavaliere difende bene il suo vantaggio». E gli altri, i «piccoli»? «Puntano soprattutto sul messaggio identitario. Bertinotti tenta di recuperare i voti a sinistra ed è riuscito finora ad attirare un po' di giovani. Santanché fa la stessa cosa a destra. Anche Casini va bene, ma la sua posizione è debole. Tutti cercano di trasmettere valori identitari più che programmatici». Lei ha scritto che i giovani cattolici sono attratti dall'Udc. Non è un partito che dà quest'idea, però... «C'è stata un'accentuazione di interesse verso l'Udc proprio perché i giovani sono alla ricerca di un'identità». Veltroni promette i «favolosi anni 60». Berlusconi, sacrifici. Si sono invertiti rispetto al 2006? Che effetto avrà questo sull'elettorato? «Berlusconi cerca di attirare il voto di chi lo critica perché ha promesso troppo in passato. Alla fine, però, credo che ricomincerà a fare promesse». E le candidature-spot spostano? «Non penso. Sono di plastica. Pura comunicazione. Possono persino risultare negative perché danno l'impressione di una politica-spettacolo». Che differenza c'è con i sondaggi di un biennio fa? «Nel 2006 c'era una netta prevalenza del centrosinistra, decresciuta di giorno in giorno. Oggi la prevalenza è del Pdl, con una piccola ripresa del Pd. Ma i sondaggi non sono una previsione di voto. Una battuta recita che le elezioni servono a smentire i sondaggi, utili invece a verificare le tematiche più sentite dalla gente e a mettere alla prova l'atteggiamento dei candidati». Oggi gli indecisi sono più o meno determinanti? «Di più. E ce ne sono due tipi. Quelli completamente indecisi sono il 20% e forse solo il 2-3% andrà alle urne. I secondi, circa il 50%, sono orientati verso un partito ma ne prendono in considerazione anche altri. Un 10% di questi, poi, non esclude nessuna delle due aree». Anche stavolta si deciderà tutto nella fase finale? «Sì. Due anni fa ci fu lo spostamento più rilevante grazie agli errori dell'ultimo minuto fatti da Prodi». Le apparizioni in tv contano? «Molto. Soprattutto per motivare gli indecisi». E il confronto fra i candidati premier? «Si dovrebbe fare, sui contenuti. Sposterebbe una percentuale di voto modesta ma determinante, visto che basta il 5-10% per vincere o perdere». E gli italiani lo gradirebbero? «Secondo me, sarebbe graditissimo. Si potrebbe chiederglielo. Anzi, sa che le dico, mi ha dato un'idea: adesso preparo anche questo sondaggio...».

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