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Il diniano D'Amico: "Il Pd è inesistente. I veri riformisti siamo noi"

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Unaposizione che il senatore diniano Natale D'Amico riassume così: «Avevamo posto delle questioni sul testo del ddl modificato dalla commissione Lavoro di Montecitorio. Mi sembra che il maxiemendamento su cui il governo ha posto la fiducia vada nella direzione da noi auspicata. Resta solo un punto: la delega che il ddl affida al governo sul tema dei lavoratori usuranti. Vigileremo perché non arrivino aggravi di spesa». Quindi voterete a favore? «Non abbiamo ancora deciso. Certo se il testo, come sembra, accoglie le nostre richieste mi pare di poter dire che siamo favorevoli». La sinistra radicale dice che siete dei ricattatori? «Se si riferisce alle parole del presidente della commissione Lavoro della Camera Pagliarini mi sembra che lo stile qualifichi la persona». Bé, minacciando di non votare il protocollo, un piccolo ricatto lo avete fatto. «È forse un ricatto chiedere al governo di rispettare gli impegni presi con le parti sociali? Il punto è che è toccato a noi difendere la volontà dei lavoratori evitando danni alla finanza pubblica». In ogni caso voi avete vinto mentre la sinistra radicale ha perso. «Vedo la sinistra radicale un po' in sofferenza. Evidentemente aveva creato delle aspettative nel proprio elettorato che ora si è resa conto di non poter soddisfare». Il vostro giudizio sul governo, però, resta critico. «Su Finanziaria e welfare abbiamo chiaramente dimostrato che serviva un'iniziativa liberaldemocratica per riequilibrare il governo. Detto questo mi sembra evidente che questo quadro politico non va. L'esecutivo è debole e non sembra in grado di risollevare il Paese». Colpa del Professore? «Il presidente del Consiglio sta facendo il massimo possibile in un quadro politico complessivamente debole». Allora la colpa è di Veltroni e del Pd? «Quando mi chiedono perché siamo usciti dal Partito Democratico solitamente rispondo: "Ve lo sto facendo vedere perché me ne sono andato!" Il Pd aveva promesso di porsi come il baricentro riformista della coalizione, ma non lo ha fatto. Le battaglie liberali le stiamo facendo noi». Il governo sarà anche debole ma, intanto, va avanti. Scusi, ma il vostro «cambio di quadro politico» sembra ben lontano dal realizzarsi? «Noi crediamo che serva un governo di sospensione, estraneo alla competizione bipolare, in grado di affrontare il tema delle riforme». Benissimo, ma come si fa a realizzare questo governo? Come si fa a mandare via Romano Prodi? «I partiti più grandi dovrebbero mettersi d'accordo per aprire la strada a un governo di questo tipo». In compenso, a gennaio, la sinistra radicale ha chiesto una verifica. Siete disponibili a sedervi attorno a un tavolo? «Dipende da qual è l'obiettivo». È anche vero che, prima, il governo dovrà riuscire a passare indenne la prova del Senato sulla Finanziaria. Come pensa che andrà? «Ora la Manovra è alla Camera. È vero che all'irresponsabilità non c'è limite, ma mi auguro che, se possibile, non accresca né la spesa, né la pressione fiscale. Se sarà così, è chiaro che non avranno il nostro consenso. Abbiamo già votato una volta per senso di responsabilità, non succederà di nuovo».

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