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Casini e Fassino: «Non si va a patti con i talebani»

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Noi chiediamo da anni il ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan, ma è chiaro che questo non può avere alcuna attinenza con il sequestro». È un Diliberto in imbarazzo quello chiamato a rispondere alle indiscrezioni sul ricatto dei taleban, che avrebbero minacciato di uccidere Daniele Mastrogiacomo se le forze di stanza in Afghanistan non verranno ritirate entro una settimana. A pochi giorni dalla votazione al Senato sul rifinanziamento di quella missione, lo stato maggiore della sinistra radicale si prepara a gestire un nuovo e imprevisto ostacolo. Già occupati a contenere le derive dei dissidenti, già impegnati a fare da ponte tra un elettorato contrario ad ogni intervento dei nostri soldati all'estero e un governo che comunque non deve cadere, Diliberto, Bertinotti e gli altri leader dell'ultrasinistra si trovano a fare i conti con una sgradevole sensazione. Quella derivante dal fatto che l'imminente confronto in Senato - dove i numeri ballano, sul rifinanziamento delle missioni a partire da quella in Afghanistan - potrebbe essere condizionato dagli sviluppi del rapimento del giornalista. Se Casini e Fassino hanno potuto dichiarare senza timore di compiere alcuna incoerenza verso chi li ha votati: «Non si va a patti con i talebani, non si cede ai ricatti» e ancora «non bisogna assolutamente giocare sulla pelle dei nostri militari, in quanto sono militari e non crocerossine» - come osserva il leader dell'Udc - Diliberto frena e prende tempo: «in questo momento mi attengo al più rigoroso riserbo finché le notizie non vengono confermate ufficialmente dal ministero degli Esteri, perché in questi casi è bene non commentare notizie di cui non si conosce la provenienza». È questione di minuti, e il ministero parla. Lo fa prima attraverso l'ufficio stampa, invitando i media alla prudenza, poi con Massimo D'Alema. E se Paolo Cento, dei Verdi, dice che «non bisogna cedere ai ricatti» e «che è ora di far lavorare i servizi», diversa (decisamente più semplice) è la situazione in casa Udeur. Che nella voce di Pasquale Giuditta invoca l'intervento dell'Unione europea e dell'Onu. «In un momento così difficile - dice il centrista, che è anche segretario della commissione Difesa alla Camera - è indispensabile la massima solidarietà internazionale. I servizi segreti americani e inglesi sono particolarmente attivi in Afghanistan, quindi non ha senso che il rapimento del giornalista di Repubblica sia considerata solo una questione italiana». Clemente Mastella preferisce non pronunciarsi sull'ultimatum dato dai talebani per la liberazione dell'inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, limitandosi a ribadire la propria solidarietà nei confronti del quotidiano e della famiglia dell'inviato. «Una vita umana è una vita umana - ha detto - e in questo momento ogni parola è di troppo. Mastella ha quindi ribadito la propria conformità alla linea espressa dalla Farnesina, cioè quella di evitare commenti sugli ultimi sviluppi della vicenda.

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