Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Palermi (Pdci): «Via in fretta da Kabul»

default_image

Il ministro: «Sciocco strumentalizzare»

  • a
  • a
  • a

Non sbagliavano. I massacri di civili da parte di truppe americane, il rapimento del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo hanno riportato in superficie le obiezioni della sinistra radicale. Obiezioni che potrebbero risultare fatali in vista della discussione del decreto sul rifinanziamento delle missioni italiane all'estero. Soprattutto al Senato. E non è un caso che, da alcuni giorni, l'Unione continui a ripetere che non ci saranno conseguenze politiche qualora il decreto dovesse essere approvato grazie al supporto dell'opposizione. Appare assai difficile, infatti, che dopo i fatti di questi giorni, i «dissidenti» di Palazzo Madama (molti dei quali hanno già da tempo annunciato la loro contrarietà) possano convincersi a votare a favore del decreto. Così, il rischio di ripetere lo scivolone che ha portato alla crisi di due settimane fa, è sempre più concreto. Dal canto loro Verdi, Prc e Pdci assicurano che voteranno compatti per il rifinanziamento delle missioni anche perché soddisfatti dalla presa di posizione del ministro degli Esteri Massimo D'Alema che ha duramente condannato i raid Usa. Ma, nonostante le rassicurazioni, è chiaro che all'interno dell'ala radicale il malumore è crescente. «Quello che sta accadendo ci preoccupa - ammette il capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli -. È indispensabile un ripensamento della strategia, anche militare. Sparare nel mucchio non aiuta nessuno». Gli fa eco Franco Giordano (Prc): «Dobbiamo investire con forza sulla conferenza internazionale, come il governo farà, per cercare un'alternativa alla replica bellica, che in quel teatro non è assolutamente la soluzione per pacificare la regione». Chi parla apertamente di ritiro è la capogruppo dei senatori Verdi-Pdci Manuela Palermi. «Spero che il giornalista di Repubblica sia ritrovato al più presto - commenta -. Non ho dubbi sull'impegno del governo. Ma la situazione di quel paese, grazie alla fallimentare guerra di Bush, è ingovernabile. C'è da meravigliarsi che l'odio verso l'Occidente si estenda sempre più?» «I militari italiani - prosegue l'esponente del Pdci - non hanno partecipato all'uccisione dei civili, ed io voglio credere che il governo Prodi farà del tutto perchè ciò non accada. Ma non è sufficiente. Dall'Afghanistan i militari devono andarsene e in fretta, riattivando contemporaneamente tutti i canali diplomatici e tutta l'assistenza possibile per la ricostruzione del paese». Parole che scatenano l'immediata reazione del ministro degli Esteri D'Alema che, intervistato dal Tg1, replica: «È del tutto sciocco strumentalizzare una vicenda di questo tipo così delicata in una discussione di carattere politico che non può muovere da un episodio per quanto drammatico». Secondo D'Alema, infatti, «rimangono intatte tutte le ragioni che dicono che bisogna continuare ad aiutare quel Paese a trovare la stabilità e la pace». Una linea condivisa anche dal ministro della Difesa Arturo Parisi. Il rapimento del giornalista, spiega il ministro, «è la conferma che l'Afghanistan è un paese che ha bisogno di sicurezza». E per questo i nostri soldati devono restare, «per aiutare il popolo afgano a recuperare una quadro sufficiente di sicurezza, che consenta di ricostruire il paese». Insomma, in attesa che il decreto del governo venga licenziato dalla Camera (il voto finale dovrebbe esserci oggi) e arrivi al Senato, riparte la battaglia infinita sulla politica estera tra D'Alema e la sinistra radicale. E l'Unione già trema.

Dai blog