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Il premier incassa la fiducia alla Camera e rilancia sulla riforma elettorale ma il clima resta teso

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Scontata la fiducia (342 a 253), è stata la legge elettorale a tenere banco in una discussione animata, a tratti accesa, forse influenzata dalla diretta televisiva che ha portato gli interventi sopra le righe. Prodi ha dato il via alla discussione con il suo appello a cambiare la legge nelle aule parlamentari. All'offerta di Prodi ha risposto positivamente Silvio Berlusconi, che ha confermato la disponibilità al dialogo a condizione, ha precisato, che «non sia un espediente dilatorio» e che la discussione si concluda «in tempi rapidi e definiti». Ma certo Berlusconi non aveva nessun ramoscello d'ulivo in mano: il Cavaliere non ha fatto sconti alla maggioranza e al governo, definiti «un condominio rissoso». Un via libera al dialogo è arrivato anche da An. Nel suo intervento in aula Gianfranco Fini ha assicurato che Alleanza Nazionale non si tirerà indietro: «Siamo disponibili a fare la nostra parte». Fini ha fissato però una scadenza precisa: «Un anno, e non di più». In mancanza di una decisione, ha aggiunto, i problemi potrebbero essere risolti direttamente con il referendum. L'idea del referendum, che farebbe virare il sistema italiano in una sorta di maggioritario al quadrato, è vista come il fumo negli occhi da Lega Nord e Udc, che infatti sono stati i partiti dell'opposizione che hanno raccolto con più entusiasmo il segnale di Prodi. Casini ha rilanciato il sistema tedesco, il più proporzionalista dei sistemi europei e che, a suo giudizio, potrebbe portare a «un miglioramento per il sistema politico italiano». Casini ha spazzato il campo dalle interpretazioni maliziose e ha assicurato che l'Udc non renderà più facile la vita a Prodi: «Noi rimarremo fedeli fino al termine della legislatura nel contrastare questo governo». Un'apertura è venuta anche dalla Lega Nord, alla quale Prodi ha offerto di fumare insieme il calumet del federalismo fiscale. «Voteremo contro la fiducia, ma vogliamo sfidare il governo sul terreno delle riforme», ha detto il capogruppo Roberto Maroni, che ha speso parole di elogio sul lavoro che sta compiendo il ministro Chiti, l'uomo cui Prodi ha affidato il dossier legge elettorale. La speranza del Carroccio, ha sottolineato, è che «alle parole seguano i fatti». Ma il clima è diventato infuocato quando ha preso la parola Piero Fassino. Il segretario dei Ds ha mantenuto l'apertura di Prodi sulla legge elettorale, ma l'ha condita con un attacco a testa bassa contro Berlusconi. Boati e bagarre in aula: Bertinotti ha avuto problemi a riportare la calma in aula. Dopo la votazione sulla fiducia, Prodi ha avuto un colloquio con il presidente Napolitano nel quale ha riferito sul dibattito in Aula e sulle indicazione che sono emerse. Il premier ha continuato a parlare fuori da Montecitorio polemizzando con la Cdl. «Nel dibattito parlamentare è emersa la rissa dell'opposizione. Non si sono neanche fisicamente alzati in piedi ad applaudire quando ha parlato Berlusconi», ha affermato ironizzando poi sul fatto che ora «abbiamo quattro opposizioni...». Il premier ha poi sottolineato «il cambiamento continuo delle posizioni di Berlusconi» sulla legge elettorale. «Con lui è difficile dialogare». Il Prof si è detto poi tranquillo sul voto per l'Afghanistan. «Ci saranno più di 300 voti a favore, quindi io credo che qualsiasi siano i comportamenti, il problema non si pone. Al Senato non è cambiato nulla. Abbiamo una maggioranza risicata, ma è una maggioranza e l'abbiamo confermata». Prodi ha parlato anche di temi economici sottolineando che «sono state prese decisioni dure e impopolari ma che erano necessarie». E siccome l'economia sta andando meglio «ci sono tutte le premesse per diminuire le imposte» però è necessario «consolidare la ripresa». Un accenno anche al caso Enel-Endesa. «Spero e spingo affinchè si abbiano sempre meno ostacoli pubblici alla formazione di un vero mercato europeo». [email protected]

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