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Dopo le divisioni sulla crisi del governo ora la Cdl si spacca sulla legge elettorale

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Lo si è detto e smentito tante volte negli ultimi giorni, ma più passa il tempo più il quadro della Cdl appare con uno da parte e il resto dall'altra. Forse non sono bastati i numerosi incontri tra i diversi soggetti, gli svariati tentativi di dialogo, i tanti inviti del Cavaliere a mantenere i nervi saldi e andare nella stessa direzione. Ma si sa, mettere tutti d'accordo non è cosa facile, neanche per lui. E questo clima di freddezza lo si è percepito anche ieri, quando tutti i moschettieri della Cdl erano alla Camera per spiegare il loro «no» alla fiducia per il governo Prodi. C'erano tutti, Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Roberto Maroni. Ma tra loro, la tensione c'era e come. Insomma alleati si, ma non troppo. In una situazione come questa, è chiaro che la cosa più semplice è che ciascuno cerchi di salvar se stesso, difendendo il proprio territorio, le proprie idee, i propri confini e i propri uomini. Ma il rischio è, come molti della Cdl hanno sottolineato, che la crisi del centrosinistra si trasformi in quella del centrodestra. Ai moschettieri minori, le parole di «D'Artagnan-Berlusconi» suonano spesso come delle vere e proprie «stoccate», inaspettate, non comprese, non in linea forse con quella che è l'idea di ciascuno sul come andare avanti e fare politica. D'altro canto Berlusconi forse, in un momento come quello della crisi di Governo, si aspettava una vera unità di squadra per andare dal Capo dello Stato. Ma questa unità non c'è stata. Venuta a mancare soprattutto sul discorso di ricorrere subito alle elezioni, appoggiato da Fi e Lega ma ostacolato da An e Udc. Insomma le nubi nel centrodestra continuano con i quattro moschettieri che più che «uno per tutti, tutti per uno» si «annusano» a vicenda, pensando alla prossima mossa. E lo hanno fatto anche ieri in Aula. Stavolta l'oggetto della discordia era la legge elettorale. Silvio Berlusconi ha confermato «la sua disponibilità al dialogo», a patto che si tratti di «un confronto franco e serio in tempi rapidi». Lega e Udc, però, hanno subito preso le distanze. Infatti qualche minuto prima dell'intervento del leader azzurro, aveva parlato il leghista Roberto Maroni che, dopo aver annunciato il voto negativo del suo partito all'esecutivo, non si è lasciato sfuggire l'occasione per criticare innanzitutto gli alleati: «Noi della Lega siamo stati gli unici a chiedere con forza le elezioni anticipate. Non ci si può lamentare per il rinvio del governo alle Camere se proprio l'opposizione ha lasciato questa come unica alternativa per il presidente della Repubblica». Ci ha pensato Casini a rispondere alla Lega, ribadendo che «l'evocazione delle elezioni, che solo la Lega tra l'opposizione ha fatto esplicitamente, ha finito per aiutare il presidente Prodi». L'altro moschettiere, quello di via della Scrofa, ha usato toni più morbidi. Gianfranco Fini sottolineando che «quello di Prodi è un Governo di legislatura, nel senso che quando cade si va a votare» ha però precisato: «Non accadrà tra quattro anni. Per questo è importante il dibattito sulla legge elettorale». Il leader aennino, quindi, come i suoi alleati, prima ha attaccato il Governo, che «sta attuando una evidente operazione di sopravvivenza». Poi però ha messo i paletti del suo partito sulla legge elettorale. «La nuova legge elettorale - ha detto - deve confermare che i cittadini possano scegliere un programma e una coalizione. Se qualcuno pensa che si possa tornare indietro, a modelli anche stranieri, in cui si viene eletti e poi si stabiliscono le alleanze in Parlamento, per noi sarebbe inaccettabile». Insomma l'unità tra i «moschettieri» della Cdl pare proprio essere lontana. Il presidente di Forza Italia intanto, osservando i suoi alleati con attenzione e forse anche tatticamente (come molti pensano) facendoli cuocere un pò nel loro brodo usa i suoi dieci minuti di intervento per attaccare la maggioranza, bollandola come «fragile e divisa», parlando di un governo che, dopo aver subito due sconfitte in dieci giorni «ha tamponato

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