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di PAOLO ZAPPITELLI WALTER Veltroni va in tournée.

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Inizierà il 22 gennaio a Napoli, al teatro Mercadante, poi sarà a Torino, Milano, Bari, Palermo e infine farà una tappa in Molise. Difficile ipotizzare che il sindaco della capitale non abbia pensato all'impatto che un'iniziativa del genere può provocare nel mondo della politica, soprattutto in un centrosinistra dilaniato e sconquassato dalla nascita del partito Democratico e già proiettato verso la ricerca di un successore di Romano Prodi. L'entourage di Veltroni, per il momento, tende a minimizzare qualsiasi velleità «nazionale» di Veltroni: «È uno spettacolo che alcuni mesi fa ci ha proposto di fare l'Auditorium — spiegano — che ha avuto successo e così lo hanno richiesto anche altri teatri. E al sindaco l'idea non è dispiaciuta». Ma nel mondo politico, soprattutto romano, si contano sulle dita di una mano quelli disposti a credere a un'interpretazione come questa. La stragrande maggioranza invece è convinta che Veltroni abbia colto l'ennesima occasione per uscire dai confini della capitale e puntare deciso ad approdi più nazionali. E gli obiettivi possono essere solo due: la leadership del Partito democratico e, di conseguenza, in un sistema che punta sempre più ad essere bipolare, a diventare il leader di tutto il centrosinistra. «Per fare questo però — commenta un esponente della coalizione che lo sostiene in Campidoglio — Walter sa che non può assolutamente appoggiarsi ai partiti. Se mette fuori la testa gliela tagliano subito. Invece sa che deve parlare alla gente, al popolo delle primarie, agli stessi che hanno incoronato Prodi. Devono essere loro a proporlo, a portarlo in alto. E a quel punto nessuno potrà contestare che sia lui il leader». Una strada che il sindaco di Roma ha imboccato già da tempo. E del resto proprio nello spettacolo «Che cos'è la politica» c'è tutto il mondo di Veltroni e tutto quello che ai suoi potenziali elettori può piacere. Niente a che vedere con le rigide conferenze alle quali sono abituati i politici anche quando si dedicano alle Fondazioni. Piuttosto uno spettacolo giocato su filmati, citazioni letterarie e ricordi di uomini delle istituzioni come Enrico Berlinguer e Benigno Zaccagnini. La «lezione» si apre con uno spezzone del film di Charlie Chaplin «Il grande dittatore» (l'amore del sindaco per il cinema è cosa nota), prosegue con Martin Luther King e il suo «I have a Dream», va avanti con filmati di alcuni tra gli ultimi discorsi dei due segretari del Pci e della Dc. Ma c'è spazio anche per Bettino Craxi e l'episodio di Sigonella, ricordato come prova d'orgoglio dell'Italia, e per lo scrittore e giornalista uruguaiano Eduardo Galeano, di cui Veltroni cita sempre più spesso una frase: «L'utopia è là, all'orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Faccio dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi. Per quanto cammini, mai la raggiungerò. A cosa serve l'utopia? Serve a questo: a camminare». Su questa strada Veltroni si è incamminato già da un bel po'. «Il suo è un mix di etica politica, di passione, di coraggio che indubbiamente fa presa sulla gente — raccontano ancora in Campidoglio — Certo tutto questo probabilmente lo porterà sempre di più lontano da Roma e dai problemi della città. Ma sapevamo che nel suo secondo mandato ci sarebbe stato questo rischio». Per il momento il mondo politico nazionale tace. Ma nel centrosinistra le mosse di Veltroni sono sempre guardate con estrema attenzione. E con estremo sospetto. Nei Ds il sindaco non è più visto con simpatia da tempo, Massimo D'Alema e Piero Fassino lo vedono ormai comunque come un avversario sia per la guida al futuro Partito Democratico (da quando Prodi si è ufficialmente tirato fuori dalla corsa) che dovrebbe nascere per le elezioni europee del 2009, sia nella sfida per il prossimo inquilino di palazzo Chigi. Ma anche nella Margherita Veltroni non gode certo di sostenitori, visto che Francesco Rutelli è il suo naturale avversario per entrambi gli

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