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«L'eutanasia attiva è contro la legge»

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Il medico alega Arbarello: «Non si può togliere la vita a un paziente tramite farmaci»

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Paolo Arbarello, direttore del dipartimento di medicina legale dell'Università «La Sapienza» di Roma, non ha dubbi. Il medico che ha staccato la spina ha commesso un errore? «Non ho notizie sufficienti per dirlo, ma il vero problema è capire come sia stato effettuato l'intervento». Mario Riccio ha parlato di una sedazione attraverso un coktail di farmaci prima del distacco della spina. «Il nodo è proprio questo: bisogna capire che tipo di sedazione è stata eseguita, di che entità e soprattutto a cosa fosse mirata. I farmaci possono servire a togliere una sofferenza al paziente, ma possono anche colpire i centri vitali e bloccare, ad esempio, la respirazione. A quel punto staccare la spina diventa solo la conseguenza del fatto che i farmaci abbiano agito sul sistema respiratorio». E se fosse accaduto questo? «Si tratterebbe di un'eutanasia attiva». Quindi contro la legge? «Nel nostro ordinamento non c'è alcuna norma che autorizzi noi medici a mettere in pratica un'eutanasia attiva. È vero anche che tra i nostri doveri c'è quello di evitare l'accanimento terapeutico sui pazienti ma questo non significa che si posse eseguire un'eutanasia attiva». Secondo lei Welby era sottoposto ad accanimento terapeutico? «Può dirlo solo chi ha avuto in mano il quadro clinico del paziente». Conosce Mario Riccio? «Non mi è mai capitato di incontrarlo». Se si fosse trovato al suo posto come avrebbe agito? «Ripeto, non posso rispondere senza conoscere nei dettagli la situazione clinica di Welby. Non c'è dubbio, però, che fossimo in presenza di un caso nel quale c'è una volontà precisa espressa dal paziente. Ma resta il nodo legato alle modalità con le quali gli è stata tolta la vita». E le polemiche saranno infinite. «Ora si creerà il fronte di chi ritiene che ci fosse accanimento terapeutico e di chi affermerà il contrario. Personalmente non ho una verità in tasca ma, allo stesso tempo, mi auguro che non ci sia la corsa ad esporsi per poter dire la propria verità». A che punto è la ricerca sul male che ha colpito Welby, la distrofia muscolare? «Lo studio su questa malattia è molto complesso e necessita un lavoro piuttosto approfondito da più centri di ricerca medica sparsi nel mondo. Per fare dei passi avanti ci vorrà ancora molto tempo».

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