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Giordano: «Prodi deve ascoltare i movimenti»

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Torna ad attaccare, torna a far sentire il suo peso sulla coalizione. Se il no al Tfr di Ferrero è stata una fiammata subito spenta da Bertinotti, il fuoco sotto la cenere continua a covare. Lo fa capire chiaro e tondo il segretario del partito del presidente della Camera, Franco Giordano, che mette in chiaro che il suo partito resterà ancora di lotta e di governo: «Rifondazione è al governo, ed è anche con i movimenti, poiché le due cose non sono in contraddizione». «Voglio solo ricordare - prosegue Giordano - che Prodi ha battuto Berlusconi dopo una lunga stagione di movimenti, in cui la partecipazione si è rivelata decisiva e vitale. È bene quindi che il governo ascolti le piazze». Giordano, poi, fa notare come «nessuno si è lamentato della presenza di Fassino alle manifestazioni dei commercianti. Non si possono considerare riformiste solamente le richieste delle classi "alte", e bollare come massimaliste le altre, altrimenti si considerano i precari come figli di un Dio minore». E annuncia che sarà la sentinella del programma. Rifondazione, dunque, non rinuncia alle sue battaglie. E se qualcuno prova ad alzare la voce, arriva subito il niet. È il caso di Lamberto Dini, Margherita, difensore dell'ala moderata, che si è limitato a constatare un verità numerica: «I comunisti della coalizione sono una minoranza e come tali vanno trattati». Apriti cielo. Per il capogruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena, l'ex premier ha «una concezione assurda, inaccettabile e autolesionista dei rapporti che devono guidare la coalizione». «Dini - prosegue Russo Spena - immagina di poter usare il Prc e l'intera sinistra della coalizione come una massa di manovra che dovrebbe limitarsi a eseguire gli ordini delle forze centriste. Anche quando, come nel caso delle pensioni, si tratterebbe di marciare in direzione opposta a quella indicata del programma. La logica della coalizione è opposta. Si basa sulla capacità di confrontarsi e dialogare per raggiungere decisioni unitarie. Fortunatamente, il presidente del consiglio sembra rendersi perfettamente conto dell'impraticabilità e della dannosità di colpi di mano come quello proposto dal senatore Dini», conclude il senatore del Prc. I moderati, i riformisti, i liberal della coalizione soffrono. Provano a spingere sulle liberalizzazioni. E subito arriva la Liberazione. Nel senso del giornale, quello di Rifondazione comunista, che immediatamente ammonisce: con il suo progetto sulla nuova fase delle liberalizzazioni, la Margherita «è di fatto entrata a gamba tesa nel territorio del collega Bersani», dimostrando che «intorno alle liberalizzazioni è in corso uno scontro all'interno sia dell'Unione che del costituendo (forse) Partito democratico». «La posta in gioco è la definizione dello stesso Dna del centrosinistra», scrive il quotidiano sottolineando tra l'altro che la proposta dei centristi, come quella nello stesso campo del ministro Lanzillotta, tende a «far dilagare quella logica del mercato e delle privatizzazioni che ha già dato prove penose e per i cittadini deleterie da un decennio e passa». Insomma, l'ala sinistra della coalizione è in movimento. Tutta. Anche i Verdi, che hanno appena riconfermato Alfonso Pecoraro Scanio alla loro guida. E il ministro avverte: «I Verdi saranno leali fino in fondo alla coalizione di centrosinistra, ma non sono fessi». «Nel programma ci sono questioni come il superamento della vivisezione - sottolinea Pecoraro -, il riconoscimento delle medicine non convenzionali e c'è anche l'avvio della riduzione delle spese militari, per riconvertirle in spese di pace. Noi dobbiamo realizzare il programma con calma, ma con determinazione. Siamo fin dall'inizio con questo centrosinistra e, pur avendo anche ingoiato dei bocconi amari, non abbiamo mai consentito che nostre giuste ragioni facessero un regalo a Berlusconi».

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