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«Lo abbiamo difeso, perché ci tratta come gli altri che non lo sostengono?»

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A voler essere realisti, invece, il richiamo di Prodi di venerdì sera da Helsinki agli alleati di «sostenerlo di più», di una «maggiore unità», ha avuto nella Margherita lo stesso effetto di un pugno nello stomaco. Ma come — si sono chiesti rutelliani, ex Popolari, mariniani — noi abbiamo passato tutta la giornata a fare dichiarazioni in difesa della Finanziaria dopo il declassamento del rating italiano, ci siamo fatti in quattro per sostenere la bontà della manovra e poi siamo messi «nel mazzo» insieme a tutti gli altri che continuano a chiedere, a fare distinzioni, a criticare il Dpef fatto da Padoa Schioppa? Ma il fastidio che trapela dai commenti a mezza voce di alcuni esponenti della Margherita non ha come obiettivo soltanto Prodi. È piuttosto un atto d'accusa contro il suo entourage e soprattutto contro i prodiani, accusati di essere quelli che continuano a rilanciare sui giornali l'immagine di Prodi uomo solo abbandonato dai suoi stessi alleati. «Sono in una posizione di debolezza — commenta un deputato — e così vogliono far passare l'idea di essere sotto assedio». Insomma una «mossa» nella lunga battaglia che le componenti di Dl stanno giocando in vista della direzione nazionale convocata per venerdì prossimo e nella quale si discuterà dello scandalo delle tessere gonfiate. E le dichiarazioni di Prodi, lette da rutelliani ed ex Popolari come un messaggio dei prodiani non hanno certo contribuito a raffreddare gli animi. Del resto proprio la decisione di Francesco Rutelli di convocare la direzione nazionale è stata letta dagli ulivisti come una vera e propria dichiarazione di guerra. Willer Bordon, numero due del partito e uno degli «ultrà» ulivisti, nei giorni scorsi aveva detto chiaro e tondo che convocare la riunione sarebbe stata «una forzatura gravissima». E Franco Monaco, altro prodiano doc aveva ammonito: «Se non si trova un accordo, il rischio che non partecipiamo alla riunione è reale. Le regole per il congresso si scrivono insieme, se invece vogliono farlo a maggioranza si apre un problema». E un problema, a questo punto, si è aperto anche sul Partito Democratico. La mozione unica per il via libera sembra una ipotesi ormai lontanissima, gli ulivisti continuano a chiedere garanzie sin dalle assise locali e Parisi ha già fatto sapere che non voterà una mozione sottoscritta dai critici del Pd come Ciriaco De Mita. Ma l'insofferenza verso le ultime esternazioni del Professore non riguarda solo la Margherita. È una lamentela generale, che va da Dl ai Ds agli altri partiti dell'Unione e che riguarda il modo con cui è stata gestita l'informazione sulla Finanziaria. Sotto accusa è tutto lo staff che cura la comunicazione del Professore. «Abbiamo sbagliato completamente strategia — spiegano alcuni deputati dell'Unione — non siamo riusciti a far capire alla gente il senso di quello che abbiamo fatto. Prendiamo ad esempio la tassa di successione. È stato un infortunio madornale in campagna elettorale che per poco non ci faceva perdere le elezioni. E ora non siamo riusciti a far passare il messaggio che nella Finanziaria abbiamo introdotto un piccolo aggravio solo per chi ha case con valore catastale molto alto. Non certo, quindi, per la stragrande maggioranza degli italiani»

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