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di LUIGI FRASCA QUASI dodici milioni di lavoratori dipendenti privati e 3,5 milioni di dipendenti pubblici: ...

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Ma per i lavoratori pubblici, nonostante l'annuncio dell'intenzione di includerli nella nuova normativa manca ancora la previsione della clausola del silenzio assenso e nella maggior parte dei casi anche lo stesso fondo di previdenza complementare della categoria. «Mancano ancora, a parte la scuola - dice il segretario generale della Fp-Cgil Carlo Podda - tutti i fondi complementari di categoria. Se il Governo non farà rapidamente gli adempimenti necessari la norma per i lavoratori pubblici non potrà partire dal 2007 come per gli altri. È un diritto che aspettano da dieci anni». Da gennaio quindi - con l'accordo raggiunto giovedì che sarà firmato lunedì pomeriggio dando il via libera alla modifica delle norme previste in Finanziaria - per i lavoratori dipendenti che non hanno già aderito ai fondi integrativi (circa 3,1 milioni) si aprirà la scelta se lasciare il proprio Tfr (trattamento di fine rapporto) in azienda o se destinarlo alla previdenza integrativa. Per i lavoratori delle aziende con oltre 50 dipendenti il Tfr lasciato in azienda andrà in un Fondo della Tesoreria presso l'Inps ma per i lavoratori non cambieranno nè i rendimenti nè le condizioni per l'anticipo della liquidazione (acquisto della prima casa e spese mediche). Se il lavoratore non si esprimerà il suo Tfr andrà, grazie al meccanismo del silenzio assenso, direttamente al fondo negoziale della categoria a cui appartiene. Sull'accordo i giudizi sono prevalentemente positivi anche se il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo preferisce non commentare: «I don't speak italian», risponde ironicamente ai giornalisti che gli chiedono un commento. Gli industriali hanno ottenuto, oltre alla soglia di 50 dipendenti per il trasferimento del Tfr all'Inps che di fatto prevede questo obbligo solo per 24.800 imprese sulle 4,2 milioni complessive (dati Istat sulla struttura e dimensione delle imprese nel 2004) anche che le compensazioni siano pari a quelle previste per il versamento del Tfr nei fondi. Secondo Confcommercio, inoltre, per coprire gli oneri finanziari connessi allo smobilizzo del Tfr «diventa determinante una robusta e contestuale entrata in vigore di misure di compensazione». Per i commercianti, l'intesa raggiunta è infatti «squilibrata per due ragioni: la prima - spiega l'organizzazione in una nota - è che permane la contraddizione di fondo tra la necessità che il Tfr, ai fini della previdenza integrativa, venga destinato ai fondi pensione e, invece, la sua destinazione all'Inps. La seconda è che si esonerano, e questo è un bene, dal conferimento all'Inps le aziende fino a 50 addetti, ma per quelle oltre tale soglia, si prevede che la quota del Tfr inoptato da destinare all'Inps passi dal 50% al 100%, colpendo tutte le imprese ad elevata intensità di lavoro, come, ad esempio, le imprese della grande distribuzione e del turismo». Confcommercio ritiene inoltre necessario chiarire «il carattere transitorio o meno» del trasferimento del trattamento di fine rapporto all'istituto di previdenza. E, continua l'associazione, «resta anche da affrontare il tema del fondo di garanzia, in particolare per le piccole imprese». E se i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti hanno ribadito il proprio parere positivo sull'accordo dai metalmeccanici della Uil è arrivato un giudizio negativo (ne riferiamo a parte). Per l'Ugl «le indicazioni emerse non rassicurano i lavoratori» mentre la Fiom con il segretario nazionale Fausto Durante sostiene che l'accordo «migliora le previsioni della legge Finanziaria» ma non risolve il problema delle possibili pressioni sui dipendenti delle piccole imprese da parte del datore di lavoro per lasciare il Tfr in azienda.

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