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L'accordo con Air France comporterebbe «una situazione di totale subalternità»

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Nello scarno comunicato della presidenza del Consiglio si legge che i due hanno «esaminato la situazione dell'azienda e le opzioni strategiche che si prospettano nel campo delle alleanze». Due le opzioni sul tappeto: l'accordo con una compagnia europea o la ricerca di un partner extracontinentale. Nulla, in questa fase, viene escluso. Anche se in ambienti governativi si rileva come un accordo con una forte compagnia europea, in un momento di debolezza per Alitalia, dovrà poggiare su una seria analisi di tutte le conseguenze di una scelta del genere, approfondendo la questione con il governo del Paese di origine dell'ipotetico nuovo partner continentale. Di diverso avviso il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, che ipotizza tre possibilità. «L'obiettivo è quello di fare in modo che Alitalia torni ad essere una seria compagnia», ha detto ieri Bianchi durante l'audizione davanti alla commissione Lavori pubblici e trasporti del Senato, spiegando che «le prospettive in questo momento sono tre. La prima è di lasciare andare Alitalia nel percorso di trascinamento degli ultimi due anni. E questo significa che prima o poi porteremo i libri in tribunale. La seconda è quella di svenderla, perchè quando si parla di alleanza, oggi in questa situazione, significa portare Alitalia in mano a qualcuno che la pagherebbe a prezzo d'incanto e ne risulterebbe, ad esempio con un alleato come Air France, una situazione di totale subalternità, che di fatto sarebbe un'annessione». La terza, ha spiegato ancora Bianchi, «che stiamo cercando di praticare, non volendo rassegnarci alle prime due è quella di provare a trovare una strada per farla ridiventare un vettore significativo, riferimento del sistema del trasporto aereo nel nostro paese». Per Bianchi non bisogna «tenere scollegato il problema Alitalia dal problema della riforma del trasporto aereo italiano, che sono due facce della stessa medaglia. Noi non abbiamo nessuna possibilità, credo, di intervenire a "rivitalizzare Alitalia, se non nel quadro di una riforma del trasporto aereo». Prodi, nell'incontro con il numero uno di Alitalia Cimoli, ha riferito Bianchi, «prospetterà questa nuova situazione, cioè il fatto che c'è la volontà da parte del governo di far elaborare un nuovo piano e vedere se c'è una condivisione del presidente di Alitalia». Sul piano industriale «sta continuando a lavorare da ormai due settimane un gruppo di lavoro da me costituito - ha concluso il ministro - all'interno del ministero che si è dato un programma di lavoro e un calendario di incontri con tutti gli "stakeholders" del settore». Bianchi ha infine detto di voler evitare qualsiasi «derby» tra Roma e Milano. Un obiettivo che sembra stia a cuore anche a Cimoli. È infatti una delicata operazione di mediazione quella che si rintraccia nel piano industriale che hanno predisposto gli uomini più vicini al presidente di Alitalia. Un sentiero che passa da un lato per un consolidamento dello scalo milanese e dall'altro per un rafforzamento dell'aeroporto capitolino per tenere insieme le diverse spinte che arrivano dalla maggioranza di centrosinistra. Dai documenti che Cimoli ha consegnato al ministero dell'Economia e delle Finanze, azionista al 49% dell'aviolinea (ricevuto ieri da Prodi subito dopo il colloquio con Cimoli), si sottolineano le azioni da realizzare sulla rete. Tra queste ci sono diverse cancellazioni come quelle di lungo raggio (Malpensa-Washington), la chiusura di rotte di breve-medio raggio con performance strutturalmente negative, come Malpensa-Dublino), l'espansione dell'attività con rafforzamenti da Roma in particolare e nuove destinazioni (Milano-Los Angeles/Montreal) nel lungo raggio.

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