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Parla Berlusconi: «Scendere in piazza? Ora è una masturbazione mentale»

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Silvio Berlusconi è la vera attrazione della serata. Tutti lo vogliono vedere, vogliono una foto con lui, vogliono stringergli la mano. Vogliono toccarlo, dirgli di non mollare, di andare avanti. O esporgli un problema, chiedergli un consiglio, spedirgli una preghiera. Si va dall'imprenditore pugliese che gli chiede di dare battaglia sulla Finanziaria perché si aumentano i contributi agricoli a chi, come l'anziana signora, insiste perché si vada in piazza a manifestare: «Chiedetelo a Casini», dice il Cavaliere. Lo abbracciano, Berlusconi. E non fa nulla che qui, al Golf club di via Due Ponti, non ci sia proprio il suo pubblico. Alla festa di Maurizio e Amina Gasparri c'è tanta gente di An. Il Cavaliere ha appena finito di cenare al tavolo di onore, ha raccontato qualche barzelletta, poca politica, è di buon umore. Si alza e comincia a fendere il pubblico attraverso una pioggia di flash di macchinette fotografiche amatoriali. Gli si para davanti Francesco D'Onofrio, capogruppo Udc al Senato, e il leader della Cdl cambia espressione del viso. Cala il sipario sul sorriso e spunta una mascherata irata. «È davvero da pazzi questa storia del Molise», gli dice. D'Onofrio: «Ma perché, che cosa sta succedendo?». E Berlusconi: «Robe da pazzi. Volete correre da soli. Voi non volete confermare il presidente uscente Iorio, che invece vogliono tutti gli altri. State dicendo che volete andare da soli. Ma come si fa? Significa perdere di sicuro». D'Onofrio cade dalle nuvole: «Ma hai parlato con Cesa?». Berlusconi s'adira: «Certo, ci sono stato tutto il giorno, non capisco perché volete perdere». Interviene una signora al fianco di D'Onofrio spaventata dalla brutta faccia del Cavaliere e si rivolge all'esponente uddiccì: «Francè, ma che succede? Che state facendo?». E il Cavaliere insiste: «Parla anche tu con Cesa, con Buttiglione, con tutti gli altri». Poi saluta e si fa largo tra la folla. Presidente, con l'Udc nessun accordo? «Niente, nessuno. Sono stato tutto il giorno a parlare con Cesa, ma niente. Vogliono correre da soli. È una cosa che non ha senso perché non hanno un altro candidato, semplicemente non vogliono Iorio, l'attuale presidente. Finirà che noi andiamo con Iorio e loro con un altro qualunque, sarà un disastro». Un disastro? «Un disastro enorme. Sì, un disastro enorme». Addirittura, presidente? Non le pare di esagerare? «Non vi rendete conto. La Casa delle Libertà rischia la sua fine. Sarà la nostra fine. La fine del centrodestra». Presidente, ma stiamo parlando di una elezione locale... per giunta in una piccola regione, di appena duecentomila persone... «Centonovantottomila, per la precisione. Ma non è questo il punto». E qual è il punto? «Ma si rende conto che cosa succederebbe? Noi presentiamo Iorio e diciamo di votarlo. E loro, l'Udc, un altro candidato. Noi saremo costretti a dire di non votarlo, che ogni voto a questo signore centrista è un voto a sinistra. Saremo costretti a fare una campagna per sostenere che chi vota Udc vota per Prodi, per la coalizione di sinistra. Ma se ne rende conto? Lei pensa davvero che tutto questo non avrebbe ripercussioni anche a livello nazionale? Sarà la fine della coalizione, io lo so. Si aprono ferite che poi non si rimarginano più. Mai più». Insomma, non è solo un'elezione locale? «Dico che rischiamo». Presidente, l'Udc si è detta contraria anche alla manifestazione di piazza. Lei che dice, si farà questa mega protesta? «Anche qui, questa storia della manifestazione mi sembra una masturbazione mentale. Sì, capisco che diamo sfogo ai nostri che vogliono far sentire la loro voce. Ma poi? Dopo che succede?». In che senso, che succede? «Ecco, è quello che mi chiedo. Uno va alla manifestazione, con le bandiere, con gli striscioni. Urla, strilla, si sfoga un po', e dopo?». Dopo? «Dopo pagherà lo stesso più tasse. E allora insisto: proviamo prima a cambiare la Finanziaria in Parlamento. Con due, tre emendamenti pesanti». E su che cosa? «Non corriamo, vedremo. Ci stiamo lavorando. Calma, calma. Ma almeno proviamoci prima

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