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Il senatore Felice Casson (Ulivo)

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«Abbiamo dimostrato che il confronto con la Cdl è possibile»

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Felice Casson è soddisfatto di come è stato affrontato il nodo della riforma Castelli. Per lui, ex magistrato passato alla politica (è stato eletto senatore nella file dell'Ulivo), quello che è accaduto ieri a Palazzo Madama, può essere l'inizio di una nuova stagione. Senatore, alla fine l'accordo è arrivato? «Trovo positivo che, sul tema della Giustizia, il Senato abbia accolto l'invito del Capo dello Stato a non andare allo scontro e abbia cercato, salvaguardando l'impostazione della maggioranza, di trovare punti di confronto». Il ministro Di Pietro, però, non la pensa così. «Quello che è successo lunedì sera con i senatori dell'Idv che si sono astenuti e la maggioranza che è andata sotto, è stata una decisione imprevista e del tutto incomprensibile. Qualche volta sarebbe meglio pensare prima di fare scelte che potevano creare un danno ai magistrati». Forse, la scelta è stata dettata da un conflitto più profondo con il Guardasigilli Mastella? «Se c'è un problema tra ministri si deve risolvere in Consiglio dei ministri. Noi ci siamo presentati alle elezioni con un programma. Forse non era estremamente dettagliato per cui, quando si entra nel merito delle norme, è chiaro che ci possono essere delle divergenze». Non era più semplice, come chiedeva Di Pietro, cancellare subito tutta la riforma? «Sarebbe stato più semplicitistico. Abbiamo preferito aprire un confronto con l'opposizione e, quando abbiamo visto che c'era la possibilità di salvaguardare la nostra impostazione, abbiamo cercato di vedere se si poteva arrivare a modifiche condivise». Insomma, non è stato un inciucio? «Assolutamente no. Le modifiche sono il frutto di accordi fatti in commissione Giustizia allargata a tutti coloro che volevano partecipare. Anche l'Idv è stato più volte invitato. Se non erano a conoscenza delle modifiche è perché non si sono interessati». Non avete «contrattato» proprio niente? «C'erano due questioni fondamentali che andavano salvaguardate: la separazione delle funzioni e la tutela dell'autonomia della magistratura. Non sono state toccate». Crede che quello che è accaduto ieri possa essere un esempio per creare un clima «più collaborativo» in un'Aula dove la maggioranza non gode certo di ottima salute? «Io credo di sì. Abbiamo dimostrato che non è tutto bianco, né tutto nero. Certo, ci sono dei punti irrinunciabili ma, una volta salvaguardati quelli, si può cercare un confronto, anche con l'opposizione». E nella maggioranza? Dopo l'indulto questa è la seconda volta che «inciampate» sulla Giustizia. «Sull'indulto eravamo pressati da una situazione di profondo disagio e da una norma che prevedeva la maggioranza dei 2/3. L'opposizione non ha accettato alcune nostre proposte, ma siamo dovuti andare avanti. Sul resto io credo che, certe volte, se non siamo noi a ragionare per primi poi non possiamo far ragionare gli altri». E adesso, cosa succederà? «Abbiamo dato un esempio della nostra idea di giustizia. Il lavoro da fare è ancora molto, ma credo che questo passaggio sofferto ha fatto capire la delicatezza del momento e ha dato nuova forza alla maggioranza per proseguire il cammino intrapreso».

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