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Casini: «Cuociamo Prodi lentamente»

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Ci sono Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, per la terza volta attovagliati assieme in una settimana (lunedì a pranzo, mercoledì a cena, venerdì di nuovo a mezzodì). Segno anche questo anche il termometro della politica segna caldo rovente. I contatti si sono fatti frenetici. Fuori dalla coalizione, visto che è stata istituita una linea dedicata con Francesco Rutelli e gli ex dc. Dentro la coalizione ormai Casini parla stabilmente solo con Gianfranco Fini. Brucia ancora lo scontro con Silvio Berlusconi del giorno prima. Ed è per questo che il leader dell'Udc decide di vedere riservatamente il segretario del suo partito per analizzare la situazione e studiare il da farsi. Arriva Rocco Buttiglione e poi anche Francesco D'Onofrio, ma solo quando si sta consumando la frutta. Casini non sembra troppo turbato: «Oramai è chiaro che noi e Silvio abbiamo due linee opposte. Mi spiace, ma Berlusconi deve capire che una leadership si conquista sul campo e non la si ottiene per grazia ricevuta». Anche Buttiglione, uno degli esponenti dell'Udc più vicini al Cavaliere, sembra d'accordo. E tutti sembrano convinti che s'è cominciata una strada e bisogna andare fino in fondo. «Berlusconi è ancora convinto che bisogna far cadere Prodi con un blitz: ma s'è visto che tutti i tentativi sono falliti miseramente - insiste Casini -. Noi pensiamo che sia più facile che il governo cada se continua a cuocersi a fuoco lento». Il leader centrista non lo dice, ma è chiaro che al tavolo tutti sanno che se Prodi cadrà presto, come vorrebbe il Cavaliere, è probabile che si torni a votare molto presto; e dunque sarà ancora lui il candidato premier. Se invece l'esecutivo andrà ancora avanti, è più probabile la nascita di un gabinetto di unità nazionale; e quindi l'ascesa di Casini alla guida dei moderati ha più chance. Il vertice del partito di via Due Macelli sa bene che anche una gran parte di Confindustria vede di buon occhio la prospettiva dell'unità nazionale. Montezemolo, certo, che segue tutto da dietro le quinte. Della Valle, più che mai ringalluzzito dalle sentenze su calciopoli, è un trait d'union tra Pierfy, Mastella e Rutelli. Una parte della finanza milanese, l'ex salotto buono, dà un contributo. La linea comunque è quella di non attaccare il Cavaliere. Ma rispondere se offesi, questo sì. Non provocare, anche perché l'obiettivo a lungo raggio è quello di assorbire un pezzo di Forza Italia, ma replicare se provocati. Provare a stemperare, smorzare i toni. Soprattutto in Parlamento, dove l'Udc ha dato una mano anche a tenere in piedi la maggioranza nelle occasioni che in questo scorcio di legislatura è andata seriamete in affanno. «Il vero banco di prova sarà la Finanziaria, prepariamoci per quella», avverte Casini. Soltanto verso la fine dell'anno è possibile che accada qualcosa di serio. Ma i capi dei centristi studiano nel campo avversario e sono convinto che Berlusconi abbia aperto per conto suo una trattativa con i Ds. Ma oramai sta giocando ovunque, sta provando a rimescolare le carte per riprendere in mano la situazione. Non è un caso che abbia deciso di alzare il telefono per parlare direttamente con Romano Prodi. La «scusa» è stata la politica estera, ma inizia ad esserci qualcosa di più profondo. D'altro canto il leader dell'opposizione e il capo del governo hanno capito che sono sotto attacco dei cinquantenni delle rispettive coalizioni. Il patto generazionale trasversale che unisce Casini e Rutelli, Fini e Fassino e Veltroni non è uno scherzo. E allora che farà il Cavaliere? Per ora sta zitto. Parla chi conosce bene Berlusconi (e lo ama) e altrettanto bene Casini (e lo odia). Come Gianfranco Rotondi, segretario della Dc: «Casini sbaglia a pretendere l'eredità di Berlusconi, perché l'ex premier gode di ottima salute. Inoltre il leader del centrodestra deve tenere insieme cinque partiti, ed è difficile che possa riuscirci chi non è riuscito a tenerne unito uno, visto che l'Udc ha avuto quattro scissioni:

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