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Adamo Bove

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sarebbe legato al caso Abu Omar

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Un volo di venti metri, giù sulla Tangeziale del Vomero. Un salto nel vuoto che viene a chiudere di netto una strana storia di indagini elettroniche, dossier, tabulati telefonici comprati, venduti e perfino manipolati. Ufficialmente è un suicidio, questa morte. Anche se Adamo Bove, 42 anni, capo della sicurezza di Telecom, l'animo per farla finita in questo modo - dice chi l'ha conosciuto bene ai tempi degli anni in polizia - non ce l'aveva proprio, «non era il tipo da scappare». Niente lettere, o almeno non è dato di sapere che ne siano state trovate, anche se è probabile che almeno un biglietto, prima o poi, da qualche parte salterà fuori. Nè testimoni: nessuno sembra abbia visto il momento in cui l'uomo scavalcava il guard rail e si lanciava giù. Si «suicidava» insomma. Un gesto che sorprende molti, un gesto che a qualcuno fa dire che «o aveva dei gravi problemi personali, oppure l'avevano messo con le spalle al muro, l'avevano lasciato solo». Già, ma perché? Chi era Adamo Bove, cosa vuol dire che si occupava di «security governance» per la Telecom di Marco Tronchetti Provera negli uffici di via Torre Rossa, a Roma? Cosa vuol dire che l'avevano messo con le spalle al muro? Il suo nome non era uscito in via ufficiale da nessuna parte. Di certo però c'è da dire che Adamo Bove era finito nel mirino della direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma l'anno scorso, sotto la lente di un magistrato del calibro di Pietro Saviotti, che si occupa anche di antiterrorismo. Il fascicolo, nel quale Bove peraltro non risulta indagato, farebbe riferimento a presunte intrusioni informatiche nei sistemi della Telecom. Bove alla magistratura avrebbe dato una grossa mano spiegando gli aspetti tecnici del suo lavoro. L'inchiesta, delegata alla polizia postale, non parlerebbe tuttavia solo della compravendita dei tabulati, ragione per la quale il nome di Bove era uscito nei giorni scorsi. No, c'è di più. Si parlerebbe infatti di «manipolazioni» degli elenchi, di telefonate cancellate o magari inserite, di chiamate da Tizio a Caio tolte, e da Sempronio a Tizio aggiunte. Facendo figurare contatti inesistenti e nascondendo invece contatti reali. Materiale scottante, sul quale la postale sta tuttora lavorando, per un'indagine che ora viene allo scoperto intersecandosi però con la tempesta del caso «Abu Omar-Sismi». Del funzionario Telecom inoltre si sarebbe parlato in riferimento al caso Laziogate, circostanza peraltro smentita dall'azienda di telefonia. Bove, originario di Acerra, alle spalle una carriera in polizia fino al '98, anno in cui era passato a Telecom per poi transitare a Tim e tornare infine alla casa madre, da due giorni era rientrato da Roma nel capoluogo campano per trascorrere un periodo con la famiglia. Ma proprio in questi ultimi giorni a Napoli l'inchiesta della postale avrebbe avuto un'accelerazione fatta di interrogatori e perquisizioni. Al culmine, ecco arrivare questo suicidio senza biglietti d'addio e senza testimoni, fatto salvo un automobilista che ha visto precipitare il corpo davanti alla sua auto e ha inchiodato di botto dando l'allarme. Una morte tanto strana e «inaspettata» che la Procura di Napoli, la terza dopo Roma e Milano che s'infila nella faccenda delle presunte intercettazioni illegali e dei tabulati manipolati, ha deciso di aprire un fascicolo ipotizzando il reato di istigazione al suicidio. Il caso è stato affidato al pubblico ministero di turno, Giancarlo Novelli. L'ipotesi, si tiene a precisare da Napoli, è stata formulata «come da prassi in questi casi». Ma spesso porta a conclusioni tutt'altro che scontate.

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