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Il premier non convince i dissidenti. Al Senato sarà un Ddl «blindato»

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Chi considera l'uso della fiducia un segno di debolezza e la vede solo come extrema ratio (Prodi), chi la reclama ufficialmente (Salvi), chi la stigmatizza perché lo «costringerebbe» a votare affermativamente al disegno di legge per scongiurare la crisi di Governo (i senatori «ribelli»). Chi pensa che sia necessario porla per evitare il ricatto politico dell'opposizione che ha parlato, parla e - si teme - continuerà a parlare di una «maggioranza non autosufficiente». Chi, al contrario, se ne frega delle accuse del centrodestra e ritiene che sia inutile perché il provvedimento di rifinanziamento della nostra missione in Afghanistan passerà comunque a Palazzo Madama com'è accaduto mercoledì a Montecitorio, anche se stavolta grazie ai voti della Cdl. Intanto il primo «scalino» verrà superato oggi, quando il Consiglio dei Ministri deciderà se dare o meno a Prodi il «nullaosta» sulla fiducia. Lunedì, dopo il vertice dei capigruppo previsto a mezzogiorno, il provvedimento potrebbe arrivare in Aula e, dopo un paio di giorni di discussione (mercoledì?) si potrebbe giungere alla votazione. L'ultimo scoglio per Palazzo Chigi sulla strada del disegno di legge che servirà a far arrivare i soldi dello Stato ai soldati italiani impegnati nel Paese dei taleban può essere raggiunto con un salto nel buio e senza la «rete» della fiducia o con un'acrobazia prudente, mettendo cioè sulla bilancia la sopravvivenza stessa dell'esecutivo. Intanto le voci sulle adesioni (e/o defezioni) alla rivolta dell'ala radicale dell'Unione si moltiplicano, si inseguono. E si contraddicono. Fonti governative fanno sapere che gli otto ribelli sono diventati quattro. Sulla eventuale richiesta della fiducia, poi, al gruppo dell'Ulivo al Senato sembrano convinti che sia necessaria per blindare il testo, evitare l'accusa dell'opposizione di una maggioranza che non sta in piedi da sola e bloccare sul nascere eventuali tentativi di cambiare l'equilibrio della compagine che sostiene l'esecutivo. «Credo che sia giusto che il governo ponga la fiducia sul provvedimento che rifinanzia le missioni all'estero - sottolinea il presidente della commissione Giustizia del Senato Cesare Salvi - Intendiamoci, se il governo ritiene invece che sia preferibile sulla materia della politica estera un'ampia intesa bipartisan, come in parte è accaduto alla Camera, è una scelta legittima. Allora, però - continua Salvi - non si può imputare a chi dissente dal provvedimento un'opzione di voto diversa come quella già preannunciata. Se il governo invece ritiene decisivo, come ha affermato nei giorni scorsi in particolare D'Alema, che ci sia l'autosufficienza della maggioranza su questo tema, ha il dovere di porre la questione di fiducia. Perché questa si applica anche quando ci sono opinioni diverse all'interno di una maggioranza. In questo caso il governo chiede alla sua maggioranza di superare questa diversità di opinioni in nome della necessità di proseguire l'esperienza di governo. La scelta di porre la fiducia quindi - ha concluso Salvi - è la scelta giusta, e per il futuro credo ci si debba concentrare sulla logica di pochi voti di fiducia sulle questioni che il governo ritiene essenziali e permettere maggiore dialettica parlamentare su tutto il resto». Insomma, l'orientamento sembra proprio quello di garantire l'esistenza dell'esecutivo del Professore, che, però, preferirebbe evitare se non è indispensabile una prova di forza e pensa ad un appello in Aula prima del voto. Prova che, invece, appare necessaria. Ieri, infatti, il senatore dei Ds Massimo Villone, ex presidente della commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, ha annunciato il suo «no». E poi le «voci» di un dietrofront della metà dei senatori anti-ddl vengono smentite da alcuni di loro. Tra questi Fosco Giannini, Franco Turigliatto e Malabarba (le cui dichiarazioni sono riportate nell'articolo a fianco ndr) e Claudio Grassi: «Non mi sembra che ci siano defezioni sul fronte del "no" al disegno di legge - spiega l'ex metalmeccanico - Anzi avverto che emergono alt

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