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«Giù i recinti, apriamo a Montezemolo»

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Anche a mondi che non sono nostri. O almeno non sembrano oggi a noi vicini ma che invece ci guardano con un crescente interesse». Altero Matteoli, il grande tessitore di Alleanza nazionale, sostiene la svolta di Fini. Anzi, di più. Esorta tutto il partito a seguirlo, se non a spingersi anche oltre. Il presidente dei senatori del partito di destra chiede insomma di fare un passo in più. Presidente, partiamo dall'inizio. Fini vi ha un po' spiazzati. È stato preso in contropiede? «Contropiede no. Sorpreso sì. Effettivamente non mi aspettavo una spinta così forte, così coraggiosa da parte del presidente. Sì, sorpreso. Ma piacevolmente sorpreso». Lei però era a favore del partito unico? «Non esattamente. Se il partito unitario deve essere la somma di Forza Italia, An e Udc allora non mi interessa. Se parliamo di una nuova formazione dei moderati che si apre alla società civile, allora il discorso mi sembra diventi più interessante. Nel frattempo è normale che alcune forze, dopo dodici anni, decidano di darsi una - diciamo - rinfrescata». Rinfrescata? «Be', il Polo è strutturato così dal '94. Due volte ha vinto e due volte ha perso. Oggi si va verso un rafforzamento delle singole componenti in vista di un rafforzamento complessivo». E per An che vuol dire andare "oltre Fiuggi"? «Si apre una fase nuova e pensiamo ad aprirci ulteriormente». E in che direzione? «L'elettorato di An è composto da varie componenti: ceti medi, larghe fette di liberi professionsiti, qualche nostalgico del Msi, spezzoni sociali del vecchio sottoproletariato. Insomma, si inserisce perfettamente nel filone cattolico». E liberale? «Sì, ma soprattutto cattolico». Bene, e allora? «E allora tutto ciò costituisce la nostra forza ma anche il nostro blocco, il nostro recinto. Dobbiamo abbattere questi steccati, spingerci verso altri mondi che potrebbero tranquillamente sceglierci ma non lo fanno». A chi sta pensando? «Mah, le chiedo: perché un grande imprenditore non dovrebbe votarci? Abbiamo sostenuto l'impresa, difeso il made in Italy, rilanciato la competitività». Ecco, perché? Montezemolo è venuto al decennale di An, ha salutato Fini e lei e si è seduto proprio al suo fianco. Perché non potrebbe votare An? «È questo il punto. Magari ci sono ambienti che ci guardano con interesse. Ma non siamo ancora riusciti a conquistarli, manca il passo finale. Però, scusi, non vorrei fare un discorso sul singolo». E chi si riferisce? «Alle categorie». A quali? Quali sono quelle che potrebbero scegliere a destra e non lo hanno ancora fatto? «Penso ai commercianti, agli artigiani che non ci hanno mai appoggiato quanto meritavamo. Almeno non in proporzione delle battaglie che abbiamo condotto in questi anni dentro e fuori il Parlamento». D'accordo, ma messa così sembra che stiate preparando un'opa all'elettorato di Forza Italia... «Assolutamente no. Sarebbe davvero una vittoria di Pirro se conquistassimo un voto e lo togliessimo ai nostri alleati. No, ci rivolgiamo a fette di elettorato più ampie e che non sono nel centrodestra. Dobbiamo aggregare nuove forze, è questa l'operazione di Fini. La preoccupazione degli alleati è del tutto infondata». Nelle vostre liste elettorali è entrata anche Giulia Bongiorno, che ha scelto An espressamente per stima nei confronti di Fini. Ci saranno altri ingressi di questo tipo? «Quello è un modello di nuova aggregazione. Ma non cerchiamo solo il nome di grido, che pure è una risorsa. Concentriamoci sugli elettori». Forse il mondo esterno percepisce ancora Fini molto bene e An molto meno. È un limite? «Fini leader di An lo abbiamo scelto noi, non altri. E poi, guardi, alle scorse Europee ci siamo candidati tutti e non mi pare che abbiamo sfigurato. È un discorso che vale sempre meno». Senta, ma Fini apre questa nuova fase proprio al termine di un periodo in cui An è stata nella bufera... «Sono stati giorni terribili. Penso che ci sia stata un'offensiva dura contro di noi e mi auguro che sia terminata. Un'offensiva del tutto infondata perché adesso sta emerge

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