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D'Alema resta libero di colpire

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Da un lato il mondo politico che discute, tratta, vota e cerca di mandare avanti la baracca. Dall'altro Massimo D'Alema l'uomo che, nel giro di pochi giorni, ha rinunciato alla poltrona di presidente della Camera e a quella di presidente della Repubblica. Sono 20 giorni, infatti, che una domanda agita insistentemente i capannelli politici: cosa farà D'Alema? E, ora che il presidente Ds sembra tagliato fuori da ogni partita istituzionale, la questione è diventata assolutamente rilevante. Anche ieri, mentre nell'Aula di Montecitorio si intrecciavano le strategie politiche, l'osservato speciale era uno solo: Massimo D'Alema. Ma il presidente Ds non ha tradito emozioni particolari e, a chi maliziosamente gli chiedeva se fosse lui il cardinale che, entrato in Conclave da cardinale ne uscirà Papa, rispondeva: «Giorgio Napolitano è entrato cardinale e credo uscirà Papa». Insomma non ci sono nè trame nascoste nè fini giochi politici, è Giorgio Napolitano il candidato dell'Unione. E anche un dalemiano doc come Giuseppe Caldarola conferma: «Il nostro obiettivo è eleggere Giorgio Napolitano». Un'ipotesi avallata in serata anche dalle indiscrezioni filtrate dalla Cdl secondo cui, oggi, sarà il giorno del senatore a vita. Così, tramontata la possibilità di vedere D'Alema salire al Colle, la domanda è tornata prepotentemente a farsi strada: cosa farà? Lo sbocco più naturale sembra essere quello del governo. Anche se i dalemiani ci tengono a sottolineare che «tutto verrà deciso da Massimo e da Romano». Comunque il totoministri dà per certa la poltrona degli Esteri mentre sembra più in dubbio quella di vicepremier. Una poltrona «scomoda» che lo legherebbe troppo al destino dell'esecutivo. D'Alema, dicono nei Ds, vuole avere le mani libere. E così, alla fine, potrebbe essere Piero Fassino a sedere al fianco di Romano Prodi aprendo di fatto un regolamento di conti interno alla Quercia («Baffino» è stato chiaro: o al governo o al partito). Ma qualcuno lascia intendere anche che il «leader Maximo» alla fine, potrebbe rinunciare a tutto per prendere in mano le redini del partito riproponendo quel dualismo Prodi-D'Alema che, nel 1998, costò caro al Professore. Dopotutto, come spiega ancora Caldarola, «quando hai un ruolo politico, lo giochi comunque, anche se non hai una carica». Prodi è avvisato il fantasma di «Baffino» lo tormenterà ancora per molto.

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