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«Dobbiamo cercare il consenso della Cdl

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ma dalla quarta votazione non si tratta più»

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Così ieri, quando poco dopo le 12.15 la Mercedes blu di Francesco Rutelli si è fermata di fronte alla sede della fondazione Italianieuropei (quella presieduta da Massimo D'Alema) le voci di corridoio si sono subito trasformate in certezze. All'interno dell'Unione sarebbe infatti Rutelli il principale ostacolo sulla strada che potrebbe portare il «leader Maximo» al Quirinale. In realtà, per il numero uno della Margherita, il problema non sarebbe tanto D'Alema quanto la necessità che, sul candidato alla presidenza della Repubblica si raggiunga un «largo consenso». Per questo ieri, nel faccia a faccia presso la fondazione Italianieuropei, Rutelli avrebbe avanzato al presidente Ds la possibilità che il suo nome venga inserito in una rosa di nomi allargata da sottoporre alla Cdl. Un'ipotesi che D'Alema avrebbe però cortesemente rifiutato. Certo è che, dopo il faccia a faccia, il leader della Margherita ha rilasciato una dichiarazione che non ha sicuramente fatto piacere a via Nazionale. «Siamo per eleggere un presidente della Repubblica che abbia un largo consenso - ha detto -. Nel nostro campo abbiamo candidati autorevoli. Il nostro compito è cercare di trovare una convergenza importante con il centrodestra per il bene dell'Italia». Insomma, per il leader della Margherita, in corsa non ci sarebbe solo un candidato (il presidente Ds), ma una serie di «candidati autorevoli». A questo punto la domanda ha cominciato a circolare insistentemente: ma a che gioco sta giocando Rutelli? Qualcuno, infatti, sostiene che quella del leader della Margherita sia in realtà una tattica: mostrare pubblicamente un certo mal di pancia per la candidatura di D'Alema, per poi sostenerlo lealmente magari a partire dal quarto scrutinio. Una strategia che consentirebbe all'ex sindaco di Roma di non comprometterebbe i rapporti con le gerarchie ecclesiali che hanno già bocciato il nome di «Baffino» (anche ieri il quotidiano della Cei Avvenire ha rilanciato Mario Monti). Una parziale conferma a questa ipotesi sembra arrivare dalla parole pronunciate da Rutelli in serata: «La strada maestra per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica è tracciata nella Costituzione: nelle prime tre votazioni è necessario ricercare ed auspicabilmente trovare una maggioranza molto ampia per un presidente che rappresenti l'intera nazione. Non possiamo rinunciare a questo tentativo. Dalla quarta votazione, se la Cdl imponesse un veto alla ricerca di una soluzione condivisa, non potremmo che schierare il nostro candidato più forte al quale andrà il sostegno della Margherita e, ne sono certo, di tutto il centrosinistra». Insomma, la logica di Rutelli è abbastanza chiara: noi ci impegneremo per trovare un accordo ma, se così non sarà, voteremo seguendo fedelmente le indicazioni della coalizione. Anche perché, eletto D'Alema, il leader Dl diventerebbe l'uomo più importante del governo e potrebbe guidare in prima persona il processo di formazione del partito Democratico. Ma, tra i fedelissimi dell'ex sindaco di Roma c'è anche chi lascia intendere la possibilità di altri scenari. «Per il momento - spiega un deputato ulivista - è chiaro che la candidatura più forte è quella di D'Alema, ma da qui alla quarta votazione può succedere di tutto. Tra l'altro il margine tra i due schieramenti è veramente esiguo e, nel segreto dell'urna, può succedere di tutto. Forlani cadde per molto meno». Insomma anche la quarta votazione potrebbe riservare delle sorprese. Cosa succederebbe infatti se D'Alema non ottenesse tutti i voti necessari per essere eletto? A quel punto anche la sua candidatura diventerebbe debole e potrebbero spuntare altre possibilità. Come quella di Franco Marini che ufficialmente si è tirato indietro dalla corsa ma che, in caso di necessità potrebbe clamorosamente tornare in pista.

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