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Prodi non scopre D'Alema, Il Cav lo boccia e tratta

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I Ds irritati con il Professore. Berlusconi riunisce i suoi e glissa su Baffino: «Vediamo che fanno»

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E non sarà il primo, un altro potrebbe esserci già oggi. Quel che è certo è che la partita a scacchi è cominciata. Silvio Berlusconi e Romano Prodi si sono visti a Palazzo Chigi. Un'ora e venti di colloquio in gran parte riservato ai convenevoli. Poi, tra un biscottino e un altro, sono entrati nel merito delle questioni. Prodi, per rompere il ghiaccio, ha per esempio riconosciuto che al Senato ci sono problemi di governabilità. E avrebbe offerto qualche presidenza di commissione al centrodestra, registrando la freddezza del presidente del consiglio uscente. Avrebbe anche offerto dialogo sulle nomine in Rai, nelle aziende di Stato. E poi su vari temi, come le riforme istituzionali. E soprattutto la politica estera, sulla quale ci possono essere numerose convergenze. Quindi sono arrivati al dunque: il Quirinale. È toccato al Professore cominciare a tracciare l'identikit del candidato che il centrosinistra si appresta a fare. Ha spiegato che pensa a un candidato che ha già ricoperto cariche nelle istituzioni (la commissione Bicamerale per le riforme) e che ha già guidato il governo (è stato presidente del Consiglio): «Il "metodo Ciampi" porta a un nome», ha detto. Ma non lo ha citato esplicitamente. Berlusconi ha colto la palla al balzo e ha seccamente detto di no. Spiegando che non può andare al Quirinale un esponente dichiaratamente di parte, addirittura che è attualmente alla guida di un partito (D'Alema è presidente dei Ds). «Se c'è un nome, questo è quello di Letta. Un presidente di garanzia», ha risposto Berlusconi. Si lasciano, i due, dandosi appuntamento a un nuovo vertice, visto che il Professore deve prima rivedere tutti i leader dell'Unione e assieme decidere. Comunque darà un nome. Secco. Niente rose. Una situazione che ha molto irritato i Ds. Addirittura Fassino gli avrebbe detto al telefono: «Ma come? Non hai fatto il nome di Massimo?». Prodi si sarebbe giustificato spiegando che si trattava di un incontro interlocutorio. D'Alema avrebbe approvato: «Romano si sta muovendo con accortezza». E in pubblico ostenta un gran distacco: «Sto leggendo Omero. Rose di nomi? Le rose hanno le spine». Diverso invece il clima nel campo avverso. Berlusconi riunisce i suoi strettissimi collaboratori. E questa volta, racconta come si è svolto l'incontro ma si mostra più vago. Meno deciso nel bocciare seccamente il nome del presidente Ds. Come se volesse aprire una trattativa, forse direttamente con Baffino. È anche meno deciso si mostra con gli alleati, un modo anche per far capire che comunque tratta lui. A Palazzo Grazioli, quartier generale berlusconiano, c'è chi teme che ci possano essere sorprese in casa di Alleanza nazionale. O anche dell'Udc. Il timore che qualcuno provi a giocare la partita a se stante. Appare tuttavia chiaro che il Cavaliere più che un nome vuole garanzie. Per esempio, nella cena dell'altra sera con i parlamentari di Forza Italia, avrebbe fatto un ragionamento ancora più chiaro: «Un nome di garanzia potrebbe essere quello di Mario Monti. È vicino a Prodi. Ma è stato nominato da noi commissario europeo. Non è un esponente di partito, la sua autorevolezza è riconosciuta da tutti». E ha fatto capire anche che su Monti potrebbero convergere anche i centristi dell'Udc. D'altro canto era stato proprio l'ex commissario europeo a lanciare l'estate scorsa un nuovo grande centro. Prodi dal canto suo vuole trattare ma non si fida. Teme il suo ex competitor nelle scorse elezioni. Tanto che incrociando Fini in Transatlantico gli ha detto: «Consigliatelo bene tu e Casini». Il leader di An gli ha risposto gelidamente: «Non c'è nessun consiglio da dare. Da parte nostra c'è una sola linea, è quella che ti ha detto Silvio». Sa anche che il nome di D'Alema non ha ancora avuto tutti i via libera definitivi. Si attende il via libera definitivo della Margherita, per esempio, che Rutelli si riserva di fare al tavolo del centrosinistra oggi stesso. E non è un ok da poco, visto che D'Alema teme franchi tiratori proprio nell'area ex Ppi (Castagnetti, Bindi tanto per fare qu

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