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Nel segreto dell'urna qualcuno vota «Francesco» e non «Franco» l'esponente Dl non raggiunge il quorum La seconda votazione viene ripetuta

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La giornata di ieri lo ha abbondantemente dimostrato. Tre votazioni al Senato (di cui una annullata) e un centrosinistra in completa balia dei «franchi tiratori». Certo, già alla vigilia, si sapeva che non sarebbe stato facile. Ma, per come si sono svolti i fatti, è molto probabile che, da qui in poi, diventi addirittura impossibile. La prima votazione, infatti, si è conclusa con Franco Marini a quota 157 voti, Giulio Andreotti 140, 15 per Roberto Calderoli (candidato della Lega al primo scrutinio), 1 a Giulio Marini, 5 schede bianche e 4 nulle. Con una certa sorpresa (anche se non troppa per la verità) il candidato dell'Unione si è trovato subito in tasca 6 voti in meno di quelli che si aspettava. Niente quorum e la bagarre è iniziata. L'attenzione dei senatori dell'Unione si è subito concentrata su quelle 5 schede bianche che sono state lette come un chiaro segnale politico. Nelle stanze di palazzo Madama si moltiplicano gli incontri. Da Montecitorio arrivano i big per cercare di sbrogliare la matassa. Alle 16.30 si comincia la seconda votazione. Nell'Unione c'è un cauto ottimismo, segno che le consultazioni hanno dato qualche risultato. Quando comincia lo scrutinio in molti sono convinti che Franco Marini, questa volta, ce la farà. Scalfaro scandisce con chiarezza ogni voto mentre tra i banchi c'è chi fa i conti. Ad un certo punto il centrosinistra esplode in un fragoroso applauso. Marini ce l'ha fatta o almeno così sembra. Seguono momenti concitati. Ma la proclamazione ufficiale ritarda. Sembra esserci qualche problema ed è così. Scalfaro spiega che, nei 162 voti per Franco Marini (che gli avrebbero consegnato la vittoria), ci sono tre schede su cui, chi ha votato, ha scritto «Francesco Marini», saranno i segretari a decidere se i voti sono validi o meno. Ma non c'è accordo e quindi la votazione viene annullata e, per questo, verrà ripetuta. Scalfaro finisce nell'occhio del ciclone. La Cdl lo accusa di aver annullato la votazione senza motivo («Francesco non è Franco»). Alle 20, quando è giunto il momento di rivotare, Scalfaro rinvia la seduta di due ore e il centrodestra lo attacca: «Vuole dar modo ai senatori dell'Unione che sono partiti di tornare». In Aula, infatti, mancano i diessini Latorre e Bellini, e Berselli di An che, però, ritornano in tempo per la seconda chiama. Uno sforzo inutile. Anche stavolta Marini si ferma a quota 161 (Andreotti 155, 5 bianche, 1 nulla). Tutto da rifare. La tensione è alle stelle. La proclamazione slitta, Mastella litiga violentemente con un collega, Scalfaro sospende la seduta tra le polemiche della Cdl. Ma, nonostante la sospensione, il risultato non cambia. Se ne riparlerà stamattina con Marini che non dovrebbe avere problemi ad essere eletto (nella terza votazione, infatti, basta la maggioranza semplice). Anche se, visti i precedenti, nulla è più sicuro. Non è andata meglio alla Camera. Anche qui tre votazioni che, si sapeva, non sarebbero state decisive. Fausto Bertinotti, però, ha visto progressivamente scendere i suoi voti (da 305 al 295 finale), mentre l'ex «sfidante» Massimo D'Alema si è preso una piccola rivincita (13 voti al primo scrutinio addirittura 70 al terzo). Stamattina, però, Bertinotti dovrebbe essere eletto. Anche se il dato resta: l'Unione si è sciolta proprio nel momento in cui doveva dimostrare la sua tenuta. E con questo equilibrio precario non è certo una buona notizia.

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