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di PAOLO ZAPPITELLI UN successo certo contro un mezzo successo.

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L'Udc è stato infatti l'unico partito nella Casa delle Libertà ad avere addirittura raddoppiato le preferenze. Rispetto alle politiche del 2001 è passato dal 3,2 per cento a un quasi 7 per cento. Transitando attraverso le europee del 2004 nelle quali il partito di Pier Ferdinando Casini era arrivato al 5 per cento. E l'Udc ha retto anche in Sicilia, nonostante i voti portati via dal secessionista Lombardo: nell'isola aveva il 12 per cento, alla fine è riuscito ad attestarsi intorno all'11 per cento. Complessivamente un incremento netto, che in realtà i sondaggi commissionati nelle ultime due settimane dal partito di via Due Macelli davano praticamente per sicuro. Ma il fatto che poi quelle cifre abbiano retto alla prova reale del voto ha fatto esultare gli esponenti dell'Udc, dal segretario Lorenzo Cesa al senatore Francesco D'Onofrio ai ministri Mario Baccini e Rocco Buttiglione. «Per l'Udc è un grande risultato, forse tanto grande da trascinare tutta la Cdl — ha commentato il responsabile dei Beni Culturali — Si tratta di un grande risultato di tutto il partito e soprattutto di Casini, che si è impegnato in prima persona. Berlusconi oggi vince con noi, del resto parleremo dopo». Sullo stesso tono le dichiarazioni di Cesa: «Grazie all'Udc la Cdl si rafforza. Grazie all'Udc metà dei moderati italiani hanno votato per la Cdl. Ringrazio gli elettori grazie ai quali l'Udc ha raddoppiato il proprio consenso e la metà dei moderati italiani hanno votato per la Cdl. Il partito è stato premiato per la moderazione mostrata nella campagna elettorale svoltasi su un doppio binario. Abbiamo parlato ai media ma soprattutto nelle piazze come una volta si faceva nella Democrazia Cristiana». L'unico rimasto in silenzio è stato proprio Pier Ferdinando Casini. Ha passato la giornata con la figlia piccola Caterina portandola al parco, è rimasto freddo davanti alle prime proiezioni, ha fatto solo qualche telefonata ai suoi più stretti collaboratori. Per il resto silenzio. Eppure è stato proprio lui l'artefice dell'exploit del partito. Il presidente della Camera ha fatto una campagna elettorale giocata tutta sulla differenziazione da Berlusconi, spesso arrivando a criticarlo. Un lavoro certosino, portato avanti giorno dopo giorno, uno «stop and go» continuo sulle frasi e sulle iniziative del Cavaliere. Che alla fine ha portato i suoi frutti. Ogni volta che il premier partiva all'attacco, Casini era prontissimo a «parlargli sopra», a riposizionare il proprio partito nell'area dei moderati — quell'area che poi lo ha premiato — a catturare quell'elettorato che non condivideva l'aggressività di Berlusconi. Ma il giorno dopo Casini era pronto a schierarsi con il premier per difenderlo dagli attacchi troppo pesanti dell'Unione. Salvo poi il giorno dopo tornare a contrastarlo. Un lavoro infinito, sfiancante, che però alla fine ha premiato l'Udc. Casini, insomma, ha capito bene quello che invece non ha intuito il leader di An Gianfranco Fini che è rimasto nel cono d'ombra del Cavaliere. E infatti Alleanza Nazionale non ha preso voti ma non ha neppure incrementato le proprie preferenze. Ma nella strategia dell'Udc bisogna riconoscere che in parte c'è il segno di Marco Follini. L'ex segretario, «giubilato» a settembre scorso, aveva sempre sostenuto che l'unica possibilità di sopravvivenza per un partito come l'Udc era quella di differenziarsi da Berlusconi. Una posizione inizialmente contestata ma che poi è diventata la strategia, vincente, di Pier Ferdinando Casini. L'altro punto di forza della campagna elettorale del partito di via Due Macelli è stata la campagna elettorale per il sindaco di Roma fatta dal ministro Mario Baccini. Una scelta che ha portato voti anche nella Capitale, visto che l'Udc è riuscita ad arrivare, in città, al 6,2 per cento, dal 5 che aveva alle regionali dell'anno scorso. Punti preziosi che complessivamente hanno fatto fare un balzo avanti al partito. «Ha premiato la nostra politica sui temi che ci sono più congeniali e che più fanno presa sui m

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