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Il premier attacca la conduttrice di Mezz'ora. Poi «processa» i pm

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Perché essere di sinistra era l'unico modo per i giornalisti di trovare un posto». Silvio Berlusconi arriva a Pescara, per l'operazione-verità, a poche ore dallo scontro tv con Lucia Annunziata: fa proiettare il video dell'intervista, in un clima che non lascia spazio a repliche. Palco popolo e applausi, fino alla standing ovation sono per lui, e non poteva essere altrimenti. È un passaggio delicato quello della campagna elettorale azzurra, che a Pescara, nonostante qualche diatriba locale, trova una sponda forte. Berlusconi ne è consapevole, e si comporta da leader: «Avete visto come io sia stato sempre educato — afferma a video appena chiuso — e come abbia subìto il sovrapporsi della signora a tutte le risposte che davo: faceva segni, scuoteva la testa, voleva evidentemente mettermi in difficoltà. Naturalmente è difficile riuscirci». Sotto il sorriso d'ordinanza si nascondono denti acuminati: ne ha per tutti, avversari politici e sindacato Rai e ne ha anche per Follini, che ha detto di averlo preferito al congresso americano, rispetto alla presenza sulle tivù italiane: «Grazie — ha sottolineato ironicamente il presidente del Consiglio — all'onorevole Follini per la sua difesa». In compenso, Berlusconi si spende per Lorenzo Cesa, il segretario Udc comparso come ultimo indagato in casa Cdl. Già, gli indagati: è proprio la magistratura di sinistra e ad orologeria che dal palco del Palacongressi di Pescara, Berlusconi espone alla disapprovazione popolare: lo fa ricordando gli arresti che hanno portato alle dimissioni del ministro della Salute Storace: «Quegli arresti — afferma — erano stati decisi dal 16 ottobre, adesso mi devono spiegare perché hanno aspettato fino all'altro ieri, se c'è stata un'altra ragione che non farlo a un mese dalle elezioni. E così per Moffa, ex presidente della Provincia di Roma, che si ritrova sotto processo per fatti avvenuti dodici anni fa». Sono tutti elementi che per il capo del Governo si aggiungono ad una campagna mediatica e della magistratura, di cui lo scontro con Annunziata è soltanto l'ultimo atto. «Negli uffici del gruppo da me fondato — afferma Berlusconi — ci sono state quattrocentosettantasei visite della polizia giudiziaria, duemila udienze e centinaia di rogatorie verso l'estero. Io ne ho chiesta una soltanto, quella relativa al caso Mills, ma non mi è stata concessa; anzi, i magistrati hanno chiesto il mio rinvio a giudizio. Ma io giuro sulla testa dei miei figli, e sono cinque, di non aver mai saputo niente di questo ed escludo che possa essere successo, e giuro da presidente del Consiglio, dicendo che vado a casa un minuto dopo e esco dalla politica, se dovesse venire fuori un documento di versamento, una dimostrazione di una donazione di 600 mila dollari a questo signor Mills». Ma è al sistema economico creato in passato dalla sinistra, fatto di intrecci «tra cooperative rosse, giunte rosse, che danno loro lavoro e denaro, su cui le coop non pagano le tasse e con cui hanno salvato le casse del Partito comunista» che Berlusconi sferra il suo ulteriore attacco politico, rivendicando alla Casa delle Libertà cinque anni di lavoro per la gente. Lavoro passato attraverso la ricostruzione dell'immagine internazionale dell'Italia, attraverso la realizzazione di quelle grandi opere che devono mantenerci uniti all'Europa, e la ricostruzione di un sistema legislativo fondato sui testi unici che ha semplificato notevolmente i rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione, e lo snellimento del personale degli uffici. Uno Stato più funzionale e meno costoso per il cittadino. Meno pesante da tutti i punti di vista: «Voi non dovete votare — ha concluso Berlusconi — per me o per Prodi, ma dovete scegliere tra due diverse filosofie dello Stato, una "leggera" e poco invadente" la nostra, e una "pesante" la loro, e ricca di ingerenze».

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