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Prodi attacca, i francesi lo smentiscono

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Il Professore se la prende con Berlusconi, ma la «gauche» lo contraddice: è colpa di De Villepin

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E infatti un politico «scafato» come Pier Ferdinando Casini ha evitato di sfoderare indignazione e stupore, come invece ha fatto qualche esponente della maggioranza. «Prodi fa il suo gioco, il che va capito in campagna elettorale. Non mi meraviglio di questo», ha detto serafico quando gli hanno chiesto di commentare le dichiarazioni del leader unionista sulla vicenda Suez-Gdf. Di fronte al blitz protezionistico francese, il Professore ha puntato l'indice contro il governo, accusandolo di non aver messo in atto una strategia adeguata per difendere gli interessi italiani e, nel caso specifico, dell'Enel. Un «gioco» neppure troppo malizioso (e spesso, a dire in vero, ricambiato dalla CdL), quello di Romano Prodi: attribuire a Palazzo Chigi ogni possibile responsabilità. In questo caso, la «mancanza di una strategia», il «ventre molle d'Europa», un «sistema economico a sovranità limitata». Ma è davvero così? A prima vista, non sembra. Il governo italiano, in realtà, non poteva fare molto per impedire ai «cigini d'Oltralpe» di intervenire per mettere in atto quello che De Villepin ha definito grottescamente «moderno patriottismo economico» e che, invece, è chiaramente una forma di protezionismo anti-europeo. È la stessa sinistra francese, in un certo senso, ad assolvere il nostro esecutivo e a smentire il capo dell'Ulivo. Tutta la «gauche» è schierata compatta contro l'operazione sul gas. Non certo a difesa dell'Enel o del Belpaese, ma dei cittadini e delle loro tasche. Però le dichiarazioni mettono in evidenza la fretta (e la velocità da «teste di cuoio») con cui Villepin ha portato a termine il «suo» blitz: «La fusione si può riassumere in tre parole: improvvisazione, precipitazione e privatizzazione - sancisce il segretario del partito socialista Francois Holland - È stato sufficiente che un'impresa italiana mostrasse il suo interesse perché all'improvviso si scoprisse che bisognava fondere le due aziende; i due consigli di amministrazione si sono riuniti in tempi rapidissimi e in un giorno di festa; in ballo c'è la privatizzazione del gas di Francia e una scelta così strategica in questo periodo di situazione a rischio in Europa è stata annunciata sabato e decisa domenica». Alain Bocket, presidente del gruppo comunista all'assemblea nazionale, reclama l'abbandono immediato del progetto di fusione e sottolinea che «il governo De Villepin sacrifica l'interesse nazionale agli appetiti di borsa». Per il Pcf l'operazione confermerebbe la «sostanziale perdita di controllo da parte dello Stato su un servizio pubblico essenziale». Insomma la critica a De Villepin si associa alla constatazione che la fusione è stata «fulminante», quindi difficilmente prevenibile ed evitabile. Ma c'è di più. Quando era presidente della Commissione Ue, Prodi non ha fatto meglio di Berlusconi nella vicenda Enel. «Prodi, durante la sua presidenza, ha esercitato un ruolo di mediazione, che ha inevitabilmente privilegiato le istanze dei Paesi continentali a svantaggio di quelli mediterranei - fanno notare alla Confagricoltura - In questo senso ha proposto quella riforma della politica agricola, varata nel 2003, che ha ridimensionato fortemente i redditi delle imprese agricole italiane. La riforma è stata anche frettolosa, perché doveva seguire e non precedere, come è stato, il negoziato Wto, iniziato a Doha nel 2001. La presidenza Prodi è stata anche protagonista di aperture commerciali con i Paesi in via di sviluppo, che spesso hanno esposto la nostra agricoltura a una penalizzante concorrenza...». Insomma, prima di criticare gli altri, sarebbe bene fare autocritica. Ma, come abbiamo detto, il «gioco» preelettorale prevede anche questo. E stupirsi è da stupidi.

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